La Storia (non) siamo noi
“Tutti sanno che Mambro, Ciavardini e Fioravanti non c’entrano nulla” con la strage di Bologna. Polemiche dopo le parole dell’esponente di Fratelli d’Italia Marcello De Angelis
| Politica
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“Tutti sanno che Mambro, Ciavardini e Fioravanti non c’entrano nulla” con la strage di Bologna. Polemiche dopo le parole dell’esponente di Fratelli d’Italia Marcello De Angelis
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La Storia (non) siamo noi
“Tutti sanno che Mambro, Ciavardini e Fioravanti non c’entrano nulla” con la strage di Bologna. Polemiche dopo le parole dell’esponente di Fratelli d’Italia Marcello De Angelis
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“Tutti sanno che Mambro, Ciavardini e Fioravanti non c’entrano nulla” con la strage di Bologna. Polemiche dopo le parole dell’esponente di Fratelli d’Italia Marcello De Angelis
Abbiamo voluto dedicare un video, nel giorno dell’anniversario della strage di Bologna lo scorso 2 agosto, all’incapacità di questo Paese di fare i conti con la Storia. Tanto per cominciare di studiarla.
Passata meno di una settimana, è toccato all’esponente di Fratelli d’Italia Marcello De Angelis, responsabile della comunicazione istituzionale della Regione Lazio, tornare rumorosamente sul punto dichiarando che “tutti sanno che Mambro, Ciavardini e Fioravanti non c’entrano nulla” con la carneficina del 2 agosto 1980.
Parole in aperto contrasto con le sentenze definitive, le dichiarazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e così scendendo per i rami istituzionali.
Libere opinioni personali, secondo la prima difesa dei vertici laziali del partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Insostenibile voglia di “riscrivere la storia“, secondo l’opposizione e in particolar modo la segretaria del Partito democratico Elly Schlein, che ha chiesto le dimissioni di De Angelis. Ipotesi che gli ultimi rumors danno tutt’altro che esclusa anche per la forte irritazione (parrebbe) della stessa Giorgia Meloni.
Con buona pace di tutti, il punto non sono le convinzioni personali di questo o quello, ma l’assoluta incapacità di interpretare i fatti storici in quanto tali e non come strumenti di una perenne e sconfortante lotta politica di quart’ordine.
Indifferente alle tragedie, al dolore che non va via, ai morti delle pagine più oscure dei nostri decenni repubblicani. Drammi che finiscono per essere calati come una mannaia sulla testa degli avversari di turno, mentre della storia – quella con la “S“ maiuscola – non importa niente a nessuno: granitica e intoccabile finché risponde agli schemi mentali e alle ricostruzioni di parte. Solo opportunismo o revisionismo quando non rispecchia la nostra idea di mondo, passato e presente.
Così si arriva a sostenere, come si è sostenuto in questi giorni, che “la storia non si riscrive“: una baggianata colossale. Sono secoli che riscriviamo la storia, entrando in possesso di documenti, ricostruzioni o scoprendo nuove testimonianze. È il lavoro degli storici, che non sono al servizio del potere di turno o dei suoi oppositori. Se degni di questo nome, si intende.
Ridurre, da qualsiasi steccato ideologico la si affronti, la strage di Bologna a terreno di scontro puramente ideologico è una vergogna. Una delle pagine più orrende del nostro complesso dopoguerra piegata agli interessi di parte – quali essi siano – è uno spettacolo indecoroso, ma non sorprendente. Siamo il Paese che non riesce ancora ad affrontare fino in fondo il ventennio trovando sincera unità di giudizio, figurarsi un caso popolato dai fantasmi della guerra fredda come la strage alla stazione.
La ricerca della verità storica è esercizio nobile e fondamentale per la costruzione di una sensibilità e di una memoria collettive, ma non ha nulla a che vedere con queste miserie.
di Fulvio Giuliani
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