Di Maio Luigi, fu populista
| Politica
Luigi di Maio, da sempre volto del Movimento Cinque Stelle, è evoluto e come una buona fetta del suo partito è diventato altro rispetto populismo più sfrenato delle origini.
Di Maio Luigi, fu populista
Luigi di Maio, da sempre volto del Movimento Cinque Stelle, è evoluto e come una buona fetta del suo partito è diventato altro rispetto populismo più sfrenato delle origini.
| Politica
Di Maio Luigi, fu populista
Luigi di Maio, da sempre volto del Movimento Cinque Stelle, è evoluto e come una buona fetta del suo partito è diventato altro rispetto populismo più sfrenato delle origini.
| Politica
AUTORE: Fulvio Giuliani
Da giorni la politica italiana non fa che parlare di Luigi Di Maio, da sempre volto del Movimento Cinque Stelle carrierista e in grisaglia. Giovane come tanti altri del partito, ma da sempre meno giovanilista, scapigliato, più improntato all’idea di “palazzo“ e di una certa integrazione nel rutilante mondo del potere.
Ora che è una specie di paria nel movimento grillino e si muove su posizioni dichiaratamente atlantiste e occidentaliste, manco fosse Mario Draghi, è facile dimenticare il Di Maio di prima. Quello che, pur in giacca e cravatta, incendiava a parole l’intero ordine costituito. Il leader che metteva in dubbio – proprio lui, oggi alla Farnesina – la collocazione geopolitica del nostro Paese, chiedendo di uscire dalla Nato, dall’euro e dubitando dell’Unione europea. Il Di Maio che flirtava con la Cina della Via della seta e con i gilet gialli.
È solo memoria, beninteso, mentre i suoi compagni di partito hanno tramutato tutto questo in un perenne processo all’aria aperta al traditore di un’idea.
La verità è che dei destini personali di Luigi Di Maio può interessarci fino a un certo punto (fermo restando la sensazione che sia ormai diventato un politico a tutto tondo e come tale abbia sviluppato una mostruosa capacità di sopravvivenza alle intemperie di palazzo), ma sarebbe sbagliato far finta di non vedere ciò che è accaduto. Un pezzo del Movimento Cinque Stelle, nato e cresciuto nel mito del populismo più sfrenato, delle scatolette di tonno e di tutto lo sciocchezzario che ben ricordiamo, è diventato altro.
Di Maio ha la popolarità, la furbizia, la scaltrezza e ormai anche sufficiente gavetta per rappresentare al meglio un Movimento 2.0. Senza dirlo – perché questo sarebbe troppo persino per lui – un partito “normale“ e normalizzato, incastonato in un sistema di potere. Perché, piaccia o non piaccia, governare significa gestire un potere, ciò che ancora oggi ipocritamente una parte consistente di ciò che resta dei grillini continua a rifiutare anche solo come idea.
Qui non si tratta di avere antipatie o simpatie personali, si tratta di saper riconoscere che nella vita si cambia. Se qualcuno ha la capacità e l’umiltà (calcolata? Pazienza) di riconoscere errori, esagerazioni e di mettere gli interessi del Paese davanti a sé, ignorarlo sarebbe solo un atto di superbia.
di Fulvio Giuliani
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche
Sanità al Sud: il fallimento che nessuno vuole pagare
22 Dicembre 2025
La questione ospedaliera e della sanità del Sud è una parte rilevantissima della questione meridio…
Il condominio, lo specchio dell’Italia
21 Dicembre 2025
C’è un curioso destino che accomuna il condominio e lo Stato: entrambi nascono per gestire beni co…
Manovra, via libera al nuovo emendamento del governo
19 Dicembre 2025
L’aula della commissione Bilancio del Senato ha dato il via libera al maxi emendamento del governo…
Legge di bilancio: pensioni, Fornero e il rito immutabile della manovra di fine anno
19 Dicembre 2025
Fra le tradizioni delle festività c’è la legge di bilancio. Nel rito è compresa anche l’abolizione…
Iscriviti alla newsletter de
La Ragione
Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.