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Difficile equilibrio

La Von Der Leyen ha affrontato il tema dell’obbligatorietà dei vaccini. Se questa misura venisse applicata anche in Italia, come dovremmo e potremmo comportarci con chi decide di sottrarsi al vaccino?
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Difficile equilibrio

La Von Der Leyen ha affrontato il tema dell’obbligatorietà dei vaccini. Se questa misura venisse applicata anche in Italia, come dovremmo e potremmo comportarci con chi decide di sottrarsi al vaccino?
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Difficile equilibrio

La Von Der Leyen ha affrontato il tema dell’obbligatorietà dei vaccini. Se questa misura venisse applicata anche in Italia, come dovremmo e potremmo comportarci con chi decide di sottrarsi al vaccino?
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La Von Der Leyen ha affrontato il tema dell’obbligatorietà dei vaccini. Se questa misura venisse applicata anche in Italia, come dovremmo e potremmo comportarci con chi decide di sottrarsi al vaccino?
È toccato alla presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen mettere ‘nero su bianco’ il tema che molti politici di tutto il continente preferiscono sussurrare o evitare anche di sfiorare: l’obbligatorietà del vaccino contro il Covid-19. La Von Der Leyen ha fatto ciò che può: porre un problema e chiedere di affrontarlo. Niente di più, considerato che la materia sanitaria resta di esclusiva competenza nazionale, anche se la pandemia ha prodotto delle prime crepe, a cominciare dagli acquisti centralizzati proprio dei vaccini. Misura rivelatasi molto efficace per l’Unione, ma anche inizialmente criticata. Anche in Italia dovremmo convincerci ad affrontare il tema. Se è vero che per mesi non avrebbe avuto senso discutere di obbligatorietà, per la banale considerazione che non si aveva un numero sufficiente di dosi a disposizione, ora questo ostacolo si avvia a essere definitivamente superato (non lo è ancora del tutto). L’aspetto critico, però, resta un altro: quand’anche si decidesse per l’obbligatorietà, come dovremmo e potremmo comportarci con chi dovesse continuare a sottrarsi ai vaccini? Non molti anni fa ci siamo trovati davanti proprio a questo dilemma: poco prima della pandemia, la vaccinazione contro il morbillo fu accompagnata dal divieto di ingresso nelle aule scolastiche, per renderne efficace l’obbligatorietà. Ricorderete il diluvio di polemiche politiche che accompagnò il provvedimento. A poco valse, allora, che la vaccinazione obbligatoria apparisse sacrosanta dal punto di vista sanitario e nella scia di storiche conquiste che ci hanno cambiato la vita, dal vaccino contro il vaiolo all’antipolio. Nel caso del Covid, non ci sono scuole da rendere off limits e ai non vaccinati è stata già preclusa buona parte della vita sociale, dai ristoranti agli stadi, dalle palestre ai cinema e teatri. Cos’altro possiamo aggiungere? Li mettiamo agli arresti domiciliari? La provocazione è necessaria e arriva da chi come noi è fermamente favorevole alla terza dose e se necessario alla quarta fra un anno – come fatto balenare ieri dall’amministratore delegato di Pfizer – ma si deve fare i conti con la realtà. Sempre. Non ci sarebbe nulla di peggio di un obbligo vaccinale destinato a restare sulla carta per l’oggettiva impossibilità di applicare delle sanzioni. Non si tratta di aver ‘paura’ di una scontata baraonda politica, ma di evitare ipocrisie e concentrarci su ciò che potrà realmente continuare a proteggere la nostra normalità. A oggi, le terze dosi. Anche pensando al delicatissimo tema della vaccinazione dei bambini ormai al via (per i quali è escluso qualsiasi obbligo), non possiamo sprecare energie in quello che non possiamo risolvere. Ed è bene che il tema sia portato a livello di Unione, replicando magari il già citato approccio comunitario e vincente degli acquisti centralizzati dei vaccini.   di Fulvio Giuliani

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