Domande e dubbi sul decreto legge sulla Sicurezza
Nella seduta dell’Assemblea costituente del 4 marzo 1947 Piero Calamandrei fa sfoggio d’ironia. Afferma che il progetto di Costituzione non è stato di sicuro scritto da Ugo Foscolo. E il decreto legge sulla Sicurezza non fa eccezione

Domande e dubbi sul decreto legge sulla Sicurezza
Nella seduta dell’Assemblea costituente del 4 marzo 1947 Piero Calamandrei fa sfoggio d’ironia. Afferma che il progetto di Costituzione non è stato di sicuro scritto da Ugo Foscolo. E il decreto legge sulla Sicurezza non fa eccezione
Domande e dubbi sul decreto legge sulla Sicurezza
Nella seduta dell’Assemblea costituente del 4 marzo 1947 Piero Calamandrei fa sfoggio d’ironia. Afferma che il progetto di Costituzione non è stato di sicuro scritto da Ugo Foscolo. E il decreto legge sulla Sicurezza non fa eccezione
Nella seduta dell’Assemblea costituente del 4 marzo 1947 Piero Calamandrei fa sfoggio d’ironia. Afferma che il progetto di Costituzione non è stato di sicuro scritto da Ugo Foscolo. Chissà cosa direbbe oggi di fronte a parti legislativi scritti in un italiano claudicante, con tutti quei richiami normativi che si rischia di non capirci un’acca. E poi indulgono alla logorrea: articoli su articoli, commi su commi.
Il decreto legge sulla Sicurezza non fa eccezione. Gli articoli sono ben 39 e spaziano su tutto un po’: in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario. E s’innesta su un precedente disegno di legge presentato dal governo alla Camera il 22 gennaio dello scorso anno, esaminato nelle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia dal 27 febbraio al 6 agosto 2024 e approvato dall’Assemblea, dopo congrua discussione, il 18 settembre. Le Commissioni competenti del Senato a loro volta, dopo le solite audizioni informali, lo hanno esaminato dal 31 ottobre 2024 al 26 marzo successivo e approvato con modifiche assolutamente indispensabili. Di modo che, fatto capolino in Assemblea, sarebbe dovuto tornare alla Camera per l’approvazione definitiva. Campa cavallo. Perciò il governo ha giocato la carta del decreto legge, adottato l’11 aprile scorso e presentato alla Camera per la conversione.
Dopotutto, Giorgia Meloni si è adeguata all’ordine impartito da Franceschiello alle sue truppe: «Facite ‘a faccia feroce». Lei sa bene che alcune disposizioni del decreto sono poco più che gride di manzoniana memoria. Per esserci ci sono, ma è dubbio che siano rispettate a puntino. Ma lo stesso Calamandrei sosteneva che le norme giuridiche hanno una loro valenza pedagogica perfino nell’ipotesi che non siano rispettate del tutto.
Qualcosa però sta cambiando. Per esempio, lo scandalo dell’occupazione abusiva delle case popolari da parte di chi si fa un baffo degli aventi diritto ha il piombo nelle ali. Come dimostrano recenti fatti di cronaca. Mentre ancora in questi giorni teppisti travestiti da manifestanti inveiscono contro le forze dell’ordine impunemente. Una vergogna non più tollerabile. Ai sensi dell’articolo 17 della Costituzione, il diritto di riunione è sacrosanto: purché ci si riunisca «pacificamente e senz’armi». Ovviamente, il presidente del Consiglio tiene molto a questo decreto. Ma conta forse ancor di più sulle sue norme manifesto. Del resto non si è influencer per nulla, come insinua quella malalingua di Matteo Renzi.
Magari l’apparenza inganna. Ma le opposizioni sembrano far di tutto per contrastare, ancor più del decreto, la sicurezza in quanto tale. Fin dalle prime sedute delle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia di Montecitorio le opposizioni hanno fatto di tutto per farsi del male. Così, nella seduta del 16 aprile, la pentastellata Valentina D’Orso denuncia che il governo con il colpo di mano del decreto avrebbe leso le prerogative parlamentari. Ma, contraddicendosi, è proprio lei a sottolineare «la lunga fase di discussione presso questa Camera» del precedente disegno di legge ad hoc, «oggetto di lungo e complesso dibattito». E stigmatizza, alla scuola di Tafazzi, che il decreto ha la sola finalità «di reprimere le manifestazioni di dissenso e di criminalizzare il disagio sociale».
Il piddino Federico Gianassi è smentito dai fatti quando dichiara che il reato di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui «non ridurrà minimamente le dimensioni del fenomeno». Il rossoverde Devis Dori, per non essere da meno, denuncia l’accanimento «nei confronti dei giovani che manifestano, dei carcerati e finanche delle detenute con neonati e figli in tenera età». Mentre nella seduta del 6 maggio il segretario di +Europa Riccardo Magi preannuncia – bumm – ricorso alla Consulta per conflitto di attribuzioni tra governo e Parlamento. E così di seguito. Fino all’approvazione in Assemblea della questione di fiducia posta dal governo, al voto finale e alla trasmissione del testo al Senato per la conversione entro il 10 giugno.
Davanti a tanto masochismo, Giorgia Meloni ringrazia.
di Paolo Armaroli
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