Draghi e Macron: la coppia c’è e rilancia
Alla faccia dei detrattori, la coppia Draghi-Macron funziona e ha idee chiare su cosa fare in questo momento complicato. A partire dalla possibilità di creare maggiore debito europeo, in caso di necessità.
Draghi e Macron: la coppia c’è e rilancia
Alla faccia dei detrattori, la coppia Draghi-Macron funziona e ha idee chiare su cosa fare in questo momento complicato. A partire dalla possibilità di creare maggiore debito europeo, in caso di necessità.
Draghi e Macron: la coppia c’è e rilancia
Alla faccia dei detrattori, la coppia Draghi-Macron funziona e ha idee chiare su cosa fare in questo momento complicato. A partire dalla possibilità di creare maggiore debito europeo, in caso di necessità.
Alla faccia dei detrattori, la coppia Draghi-Macron funziona e ha idee chiare su cosa fare in questo momento complicato. A partire dalla possibilità di creare maggiore debito europeo, in caso di necessità.
La coppia c’è e rilancia. Sloggiata ormai da mesi Angela Merkel dal potere in Germania, il presidente del Consiglio Mario Draghi e il presidente francese Emmanuel Macron si confermano in queste ore come due leader europei dotati di una visione politica a lungo raggio. Mentre i vari retroscena all’italiana si concentrano ancora sul fare le pulci alla coppia rispetto alle rispettive posizioni sul tema e sui tempi dell’Ucraina in Ue, dall’incontro di questa settimana a Parigi tra Draghi e Macron è emerso in maniera assai evidente (anche per chi fosse duro di comprendonio) che i due hanno le idee chiare sul da farsi in un momento complicato come l’attuale per l’Italia, la Francia e l’Unione europea.
Per evitare una crisi economica – considerando la guerra russa in Ucraina ancora in corso, il rialzo dei prezzi, la sfida europea della transizione green e la necessità di tutelare il potere d’acquisto dei cittadini – Draghi e Macron chiedono la possibilità, come opzione in caso di necessità, di creare maggiore debito europeo. Si tratta di mettere i lavoratori e le imprese al riparo da una eventuale e ulteriore accelerazione dei costi che potrebbe abbattersi in autunno sull’Europa. Ovviamente la cosa non piace ad alcuni Paesi Ue del Nord che sul tema ribattono, da sempre, la stessa obiezione: ma perché dobbiamo sobbarcarci noi le spese per un’altrui spesa pubblica inefficiente? La risposta è semplice ed anche quella, in fin dei conti, rafforza la linea di Draghi e Macron: perché per crescere ancora nel suo peso politico, l’Unione europea non può fare a meno di una coesione economica che sia attenta a tutti gli aspetti, evitando squilibri che ne spezzerebbero l’unità.
Del resto, se c’è qualcuno che ha le carte in ordine nel sostenere un nuovo Recovery per fronteggiare la crisi energetica e anche le spese per una difesa comune in tempi di guerra, questi sono Macron e Draghi. Il francese ha fatto la propria campagna elettorale per le presidenziali andando nelle piazze a spiegare alla gente che in futuro dovrà lavorare di più e più a lungo, mentre Draghi sull’economia (a parte qualche bonus di troppo che la sua maggioranza politica ha caldeggiato) non ha mai nascosto pregi e difetti dell’Italia, con tanto di cure necessarie.
Se l’asse Macron-Draghi si mostra solido e in sintonia a pochi giorni dall’appuntamento del Consiglio europeo (l’ultimo del semestre francese), un elemento di debolezza per entrambi può invece arrivare dalla situazione politica nei rispettivi Paesi. Il 12 giugno i francesi voteranno per le legislative e vedremo (probabilmente solo al secondo turno) quale maggioranza uscirà dalle urne. Quanto all’Italia, che ha un sistema politico-elettorale assai meno stabile di quello transalpino, le frenesie del voto del 2023 per le politiche già si avvertono, accelerate dalle amministrative di questa domenica e dal voto sui referendum per la giustizia.
Parigi ha fatto sapere che vedrebbe il nostro Paese più a rischio senza Draghi a Palazzo Chigi. Anche una sconfitta di Macron alle legislative, per la verità, finirebbe per essere un segno di indebolimento per l’asse europeo tra Roma e Parigi e per l’Ue stessa. Ma questa è la suspense della democrazia.
Di Massimiliano Lenzi
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