Era una mezza truffa, ora è fuffa
Il nome nel simbolo elettorale fu una trovata di Berlusconi. Il successo ha spinto all’imitazione compassionevole, talvolta anche patetica
Era una mezza truffa, ora è fuffa
Il nome nel simbolo elettorale fu una trovata di Berlusconi. Il successo ha spinto all’imitazione compassionevole, talvolta anche patetica
Era una mezza truffa, ora è fuffa
Il nome nel simbolo elettorale fu una trovata di Berlusconi. Il successo ha spinto all’imitazione compassionevole, talvolta anche patetica
Il nome nel simbolo elettorale fu una trovata di Berlusconi. Il successo ha spinto all’imitazione compassionevole, talvolta anche patetica
Era una mezza truffa, ora è fuffa. Il problema non è che Tizia o Caio mettano il loro nome nei simboli elettorali, ma che questo è divenuto soltanto megalomania. Che fa tenerezza.
Forse si crede che così si renda più riconoscibile la proposta politica e si attirino più elettori alle urne, mentre si ottiene l’opposto: le proposte mancano, le liste si somigliano e gli elettori più capaci di distinguere restano a casa.
I leader politici sono sempre esistiti, taluni dominanti. Ma mai avrebbero voluto capeggiare il partito di sé stessi. Il leaderismo crebbe con il peso della televisione. Come all’epoca di Craxi e De Mita.
Mettere il nome nel simbolo fu una scelta di contenuto con Berlusconi: votate me e non i partiti o i candidati che neanche conoscete. Il successo spinse all’imitazione. La mezza truffa stava nel fatto che il “presidente” non si elegge, quindi mi chiedi il voto per quello che non è votabile.
Ora siamo alla fuffa: il nome al posto del contenuto e delle proposte. Anche patetico.
di Davide Giacalone
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Tag: politica
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