Sta accadendo di tutto, a causa di Vladimir Putin e spesso in direzione opposta ai suoi desideri e disegni. Sta accadendo a velocità inimmaginabile, come nel caso di Svezia e Finlandia – due Paesi storicamente neutrali ed equidistanti – che stanno letteralmente correndo verso la Nato “per non finire come l’Ucraina“. Questo dicono governi non certo sospettabili di colpi di testa, per antica consuetudine, storia, qualità e peso delle rispettive opinioni pubbliche.
La loro scelta ridisegna di fatto l’Europa, in modo contrario a quanto auspicato dalla strategia (sempre più confusa e sanguinaria) che ha portato Putin ad aggredire l’Ucraina.
Accadono cose a stupefacente velocità anche nel fronte occidentale, con l’oggettiva, prima divaricazione – non spaccatura, perché sarebbe troppo definirla così – fra le posizioni di Washington e Londra da un lato, assolutamente schierate sull’opportunità di armare quanto più possibile e nei tempi più rapidi Kiev e Francia e Germania dall’altro.
Il presidente Macron, atteso dal ballottaggio con Marine Le Pen fra 10 giorni, non ha gradito il ricorso del presidente degli Stati Uniti al termine “genocidio“, che è invece stato accolto da Volodymyr Zelensky come la più alta certificazione della sua guerra di comunicazione contro il Cremlino e le responsabilità dirette di Putin. Per un palese errore dello stesso Zelensky, poi, è calato il gelo con Berlino, dopo la decisione – ripetiamo, sbagliata – di dichiarare non gradita una visita del presidente tedesco Steinmeier, per i suoi antichi rapporti con la Russia. Peraltro, pubblicamente riconosciuti come un errore.
Siamo chiari: Zelensky farebbe bene a comporre immediatamente la frattura con la Germania, come il cancelliere Scholz farebbe altrettanto bene a non cavalcare troppo questo incidente per gestire le difficoltà interne alla sua coalizione, sul tema delle forniture di armi. Ricordiamolo, ogni polemica a Occidente è musica per Putin.
Accadono cose a grande velocità anche in Italia, per quanto un pezzo di politica sembra far finta che la guerra non ci sia: dopo l’accordo con l’Algeria, il governo Draghi si appresta a chiudere contratti per nuove forniture di gas con Egitto, Angola e Congo. L’obiettivo di rimpiazzare il gas di Mosca è sempre meno futuribile e l’Italia potrebbe presto trovarsi in una posizione di manovra vantaggiosa rispetto ad altri paesi europei, Germania in primis.
Tranquilli, comunque: siamo sempre in Italia e la maggioranza litiga allegramente sul catasto.
di Fulvio Giuliani
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