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Le Europee e la posta elettorale

In queste elezioni Europee ci si giocherà la collocazione nel sistema di alleanze dell’Italia e il futuro dell’Unione

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Le Europee e la posta elettorale

In queste elezioni Europee ci si giocherà la collocazione nel sistema di alleanze dell’Italia e il futuro dell’Unione

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Le Europee e la posta elettorale

In queste elezioni Europee ci si giocherà la collocazione nel sistema di alleanze dell’Italia e il futuro dell’Unione

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In queste elezioni Europee ci si giocherà la collocazione nel sistema di alleanze dell’Italia e il futuro dell’Unione

In un mondo di drogati da soprannomi, generali e capitani, femmine virili, questo guerrafondaio ma anche quello pacifista appassionatamente insieme in lista, chi comprende quale sia il vero valore delle elezioni europee si sente come Ungaretti nel Natale del 1916 quando – reduce dal fronte e in licenza a Napoli – mise in versi la solitudine e l’estraneità rispetto alla incosciente allegria delle feste di chi non percepiva di essere in guerra. Ma la guerra c’è e queste saranno le prime elezioni con un nemico alle porte dal 1945.

La guerra ci sbatte in faccia due temi, che sono quelli autentici di queste elezioni: non la tenuta elettorale o il destino di qualche leader ma la collocazione nel sistema di alleanze dell’Italia e il futuro dell’Unione. Del secondo parleremo, il primo è esploso con la formazione delle liste anche se, come a Napoli nel 1916, stentiamo a vedere. Salvini è stato coerente: ha da sempre una posizione politica e culturale così anti-ucraina e anti-europea e anti-occidentale da essere naturalmente filorussa (non credo si offenda nel sottolinearlo, le magliette sulla Piazza Rossa con la faccia di Putin ce le ricordiamo), ha trovato un generale culturalmente (!) e politicamente allineato, prova a costruire a destra di “Giorgia” un partito che aspiri a cambiare la posizione filoatlantica caparbiamente tenuta dal capo del governo (indovinate a chi farà piacere, altro che presunte intromissioni russe nelle elezioni altrui). Se a Salvini andrà bene, sarà l’intera Lega a occuparsi del federalismo e dell’autonomia non del Nord-Est ma del Donbas putiniano; se andrà male, intorno a Vannacci si costruirà la salvezza di Salvini e della pattuglia di deputati nazionali ed europei che lo seguiranno: un partito di estrema destra anti-europeo in un raggruppamento europeo di estrema destra la cui vicinanza alla Russia è già ora e sarà poi tragicamente dannosa.

Altro che premierato o balneari o “scrivete Giorgia”, qui la posta in gioco è vitale per l’Italia. La sorpresa (mica tanto, ne parlavo con l’armocromista) è che la opposizione a Salvini le opposizioni al governo l’hanno affidata a Giorgia Meloni: il Pd candida di ogni, il M5S si astiene in Europa esattamente come un pezzo del governo e il mondo liberale gioca a chi è più furbo, giammai si parli di Vannacci ma concentriamoci sui nostri propri programmi. Vasto programma, direbbe De Gaulle parlando con Ungaretti.

La presunzione è che l’elettorato non sia sensibile a questi argomenti, che non voglia sentire parlare di guerra e ancor meno di Europa e che anzi a farlo si rischino voti. Ora, può essere; ma è anche vero che – tolti questi due temi – il resto è aria fritta e che l’elettorato va nutrito e informato e il consenso costruito, non necessariamente inseguito. E che ci sia una parte di elettorato che – se coinvolto – su questi temi possa reagire, questo è almeno statisticamente altrettanto certo: non ci crederete ma a una parte dell’elettorato, per passione o altro, la politica vera interessa ancora. In caso contrario il paradosso sarà che chi considera la collocazione dell’Italia come la dirimente ragione di un voto farà bene a guardare al capo del governo, affidando proprio a chi con la figura di Mussolini ha ancora un problema la missione di ancorare l’Italia all’Unione, alla Nato e agli amici americani. Bel capolavoro per la politica dei troppi centristi difensori dell’Occidente.

di Flavio Pasotti

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