Fantasmi tecnici
Risulta surreale la polemica politica sull’ipotesi di manovre opache contro l’esecutivo, pronte a favorire una sostituzione del medesimo con un governo tecnico
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Risulta surreale la polemica politica sull’ipotesi di manovre opache contro l’esecutivo, pronte a favorire una sostituzione del medesimo con un governo tecnico
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Risulta surreale la polemica politica sull’ipotesi di manovre opache contro l’esecutivo, pronte a favorire una sostituzione del medesimo con un governo tecnico
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Risulta surreale la polemica politica sull’ipotesi di manovre opache contro l’esecutivo, pronte a favorire una sostituzione del medesimo con un governo tecnico
No, il governo tecnico non l’avevamo considerato. E a ragion veduta…
Risulta alquanto surreale, infatti, la polemica politica di giornata sull’ipotesi di manovre opache contro l’esecutivo, pronte a favorire una sostituzione del medesimo con una riedizione dei governi tecnici.
Un fantasma evocato dalla stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con l’intento di mandare un messaggio secco agli scettici in giro per l’Europa (ha parlato a Malta, a margine di un incontro in sede Ue), alle opposizioni e al Partito democratico in particolare. Del tipo: perdete ogni speranza, o voi che ci vorreste provare.
Scriviamolo chiaro e tondo: non ci sono all’orizzonte governi sulla falsariga delle diverse esperienze “tecniche” che hanno caratterizzato gli ultimi 10 anni abbondanti di vita politica italiana. Anche di più, ricordando il 2011 tornato d’attualità negli ultimi giorni, in concomitanza con l’addio a Giorgio Napolitano e la ricostruzione di quei mesi terribili.
Lo spread ha sfiorato giovedì quota 200 – ai tempi dell’ultimo governo Berlusconi schizzò quasi a 600 e la fine del mondo apparve vicina – e subito è partito il balletto dell’”assalto dei mercati”, dei complotti e di tutte le consuete facezie che tante volte hanno accompagnato il nostro dibattito politico. La mania di denunciare le oscure manovre è antica, ma non c’è nessun complotto: i mercati osservano i segnali che arrivano da Roma, giudicano e si muovono di conseguenza. Valutano il grado di rischio connesso all’acquisto del nostro debito, facendo il proprio mestiere.
Ci aspetta una manovra complessa, con pochi soldi a disposizione e quei pochi raggranellati accollandoci maggiore deficit. Questa è la realtà con cui dovremo fare i conti, perché cresceremo meno del previsto e in un contesto macroeconomico che si è fatto più difficile. Siamo più indebitati degli altri e quindi più osservati degli altri, senza necessità di agitare i fantasmi.
Incredibile, poi, che da sinistra non ci si tenga distante 1000 miglia da una polemica del genere. Dal sentore anche minimo che (sul serio?!) qualcuno possa pensare – sia pur per un istante – di appoggiare ipotesi di governi tecnici, dopo il disastro elettorale del 2022.
La segretaria del partito democratico Elly Schlein non avrebbe dovuto neppure cominciare a parlarne, seppur per provare ad assestare un colpo all’avversario. Avrebbe dovuto dire una sola cosa: che al governo il Pd ci tornerà solo ed esclusivamente dopo aver vinto le elezioni.
Un po’ quello che va ripetendo il suo avversario battuto alle primarie Stefano Bonaccini. Sempre che il Partito democratico voglia avere ancora un futuro nel Paese e non si accontenti di ricorrere a stanche enunciazioni di principio, aspettando che la maggioranza si faccia male da sola.
di Fulvio Giuliani
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