Figli di, scontro Sala-governo
Confronto-scontro fra il governo e il sindaco di Milano Beppe Sala sullo stop alla registrazione all’anagrafe dei figli nati da coppie dello stesso sesso
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Confronto-scontro fra il governo e il sindaco di Milano Beppe Sala sullo stop alla registrazione all’anagrafe dei figli nati da coppie dello stesso sesso
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Confronto-scontro fra il governo e il sindaco di Milano Beppe Sala sullo stop alla registrazione all’anagrafe dei figli nati da coppie dello stesso sesso
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Confronto-scontro fra il governo e il sindaco di Milano Beppe Sala sullo stop alla registrazione all’anagrafe dei figli nati da coppie dello stesso sesso
Nelle ultime quarantott’ore quotidiani e tv hanno meritoriamente affrontato il tema sollevato dal confronto-scontro fra il governo e il sindaco di Milano Beppe Sala. Come ormai noto, il Ministero dell’Interno ha imposto lo stop alla registrazione all’anagrafe del capoluogo lombardo dei figli di genitori dello stesso sesso, avviata mesi fa su input del primo cittadino in assenza di una legge in materia. Se si ha voglia e pazienza di leggere articoli ricchi di tecnicismi giuridici sulle scelte assunte dai diversi Paesi europei, si potranno conoscere le soluzioni trovate dai rispettivi Parlamenti. Quanto all’Italia, non c’è nulla da apprendere perché non c’è una legge e neppure una proposta. C’è ignavia, tanta.
C’è anche una data simbolo, marzo 2021, quando la Corte costituzionale pubblicò le motivazioni di ben due sentenze, invitando il Parlamento a legiferare in materia. La richiesta era motivata dall’urgenza di intervenire per sanare un evidentissimo buco normativo. A tutt’oggi il nostro Paese non si è dotato di una legge che garantisca una risposta a una realtà di fatto dell’intera società occidentale. In democrazia è doveroso avere idee diverse, anche profondamente contrastanti. Ancor più su un tema dalle rilevantissime ricadute di carattere etico prima ancora che politiche. È inammissibile veder finire sotto il tappeto un argomento simile, insieme alla polvere di anni trascorsi a scambiarsi i peggiori improperi e a non fare assolutamente nulla. Abbiamo così demandato prima alla magistratura e poi ai sindaci la ricerca di soluzioni risultate inevitabilmente provvisorie e insoddisfacenti.
Il problema è di molto precedente al pronunciamento della Corte costituzionale del 2021 ma, se anche volessimo limitarci agli ultimi 24 mesi, nel mentre hanno governato tutti. Senza esclusioni. Nessuno ha fatto nulla e la maggioranza odierna – da sempre contraria alla maternità surrogata e alla fecondazione eterologa – si è trincerata dietro i divieti esistenti, evitando di affrontare il problema in quanto tale. Aver chiesto ai prefetti di fermare quei sindaci che avevano iniziato motu proprio a registrare all’anagrafe i bambini con due madri o due padri – come nel caso del Comune di Milano e del sindaco Sala – è stata solo una conseguenza inevitabile.
Cosa vuol fare la maggioranza? Si può anche sostenere che non sia un’urgenza legiferare in materia, ma allora se ne accettino critiche e conseguenze. A cominciare dall’evidente stortura di bambini e genitori dai diritti e doveri depotenziati. Uno status – di fatto – di “Serie B”, ignoto al resto d’Europa. Solo Italia e Grecia, del resto, non riconoscono il matrimonio egualitario e l’esistenza giuridica di genitori dello stesso sesso. In tutti gli altri Paesi il matrimonio civile delle coppie omosessuali dà loro gli stessi diritti familiari delle coppie eterosessuali, compresa l’adozione di un bambino “estraneo” alla coppia.
Davanti a questa clamorosa mancanza della politica e dell’attività legislativa del Parlamento, l’opposizione (parte della maggioranza solo ieri) – parafrasando un grande De André – «si costerna, s’indigna, s’impegna. Poi getta la spugna con gran dignità». Ha “mandato avanti” Beppe Sala, che non a caso ieri ha chiesto alla propria parte politica di attivarsi sul tema. Come dire, non posso essere io l’(unico) agnello sacrificale. Oppure innalza il vessillo dell’indignazione al voto contrario del Parlamento alla normativa dell’Ue per la validità in ciascun Paese dell’Unione delle sentenze di genitorialità anche fra persone dello stesso sesso. Singoli casi che esistono anche in Italia, sempre in seguito a un riconoscimento della magistratura, perché una legge (ancora una volta) non l’abbiamo fatta.
Un voto in realtà innocuo, confuso dalla maggioranza come un inesistente “via libera” al riconoscimento della genitorialità omosessuale e dall’opposizione come l’ultimo fronte di scontro. Cosa che semplicemente non è.
di Fulvio Giuliani
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