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Fine vita, dal Vaticano più realismo della politica

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Non si è trattato di un’apertura al fine vita. Quella della Pontificia accademia della vita è una riapertura al buon senso

Fine vita, dal Vaticano più realismo della politica

Non si è trattato di un’apertura al fine vita. Quella della Pontificia accademia della vita è una riapertura al buon senso

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Fine vita, dal Vaticano più realismo della politica

Non si è trattato di un’apertura al fine vita. Quella della Pontificia accademia della vita è una riapertura al buon senso

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Non si è trattato di un’apertura al fine vita, alle pratiche necessarie per accompagnare alla morte persone per cui la vita è divenuta sofferenza e non c’è speranza che possa andare diversamente. Quella della Pontificia accademia della vita è una riapertura al buon senso. Oltre che parole che dovrebbero seminare imbarazzo fra i parlamentari, cattolici perché cattolici e laici perché laici. Non per quello che hanno fatto, ma per quello che non sono riusciti a fare.

Per la Pontificia accademia, come è naturale, restano prevalenti i precetti della fede: la vita è un dono e non si può disporne oltre un certo limite, non si può sopprimerla. Ma che cosa si fa nel caso in cui la vita sia divenuta dolore senza speranza di guarigione, fin dove può spingersi il tenere artificialmente in vita una persona? Quei limiti ci sono, dicono. L’accanimento è sbagliato e l’alimentazione può essere sospesa, valutando caso per caso, così conducendo verso la fine. Giusto e di buon senso. La scienza consente di allontanare anche solo l’ipotesi che sia doloroso, accompagnando la fine nel modo più dolce. 

Le leggi, osservano dal Vaticano, sono imprecise, creano problemi, occorre trovare un compromesso fra le diverse idee, posto il comune rispetto per la delicatezza di quel momento. Tocca, insomma, che la politica sappia essere tale e trovi un punto di compromesso, senza chiedere al Vaticano quale possa essere. Dopo queste chiarissime indicazioni, sarebbe come dire che si è inutili.

di Sofia Cifarelli

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