L’idea di un fondo da 10 milioni per risarcire i proprietari di casa vittime di inquilini sfrattati ma non ancora sloggiati è folle per tanti motivi. Perché i cittadini onesti dovrebbero pagare i danni fatti da uno Stato inefficiente?
Non saranno 10 milioni di euro a cambiare il segno del bilancio pubblico, ma quei 10 milioni sono un assai brutto segno. Un errore. Non solo per la loro inutilità, non solo, ancor più, perché trattasi di pezza assai più piccola di un micidiale buco, ma perché racconta una concezione folle del ruolo dello Stato e di cosa si può pagare usando i soldi dei cittadini. Mi riferisco all’idea che si risarcisca il proprietario di casa il cui inquilino sfrattato non sia stato sloggiato.
Inutile, perché riguarda chi è proprietario di un solo immobile e solo nel caso in cui l’affitto (non) riscosso sia pari o superiore al 40% del reddito Isee. A quel punto sarà compensato solo per il 50% e comunque per non più di 6mila e 400 euro. Il tutto a concorrere di massimo 10 milioni. Ove fossero più numerosi, in quelle condizioni, si aprirebbe il capitolo del rifinanziamento o, peggio, del mancato pagamento. Così a essere moroso non è solo l’inquilino, ma anche lo Stato. Ci manca solo un click day per piazzarsi prima e si sarebbe raggiunta la summa dell’obbrobrio.
E non è solo inutile, ma anche fuorviante. Intanto perché gli sfratti esecutivi – ovvero quelli che in giudizio, dopo lunga pena e troppo tempo, sono stati giudicati da eseguire – sono assai più numerosi di quelli eseguiti. Perché lo Stato è largamente inadempiente nel far rispettare non solo le proprie leggi, ma anche le proprie sentenze.
Poi perché gli sfratti divenuti esecutivi durante le chiusure della pandemia, proprio a causa della lentezza della giustizia, non avevano nulla a che vedere con il virus, visto che l’iter era iniziato ben prima. E questa roba finisce con l’essere uno strumento ricattatorio messo nelle mani di chi utilizza beni altrui e che non solo smette di pagare il corrispettivo, ma pretende anche un premio in denaro per andarsene, altrimenti il padrone di casa resta prigioniero della giustizia lenta e delle sentenze inapplicate.
A fronte di tutto questo l’idea di ‘risarcire’ il danno, enorme, con i soldi dei contribuenti – vale a dire con quelli dei danneggiati stessi – ha un che di surreale. Perché il cittadino onesto deve pagare i danni fatti da uno Stato inefficiente? Il che vale in questo e altri casi.
C’è infine il capolavoro: far credere che il pubblico erario possa compensare e soccorrere tutti, lenendo qualsiasi piaga, addolcendo qualsiasi bruttura, compensando qualsiasi perdita. E chi soccorrerà il pubblico erario? Sempre gli stessi, sempre la minoranza che paga per tutti, comodamente misurabile con il gettito Irpef. In questo modo s’allarga a macchia d’olio l’area dell’intervento pubblico, mentre dilaga quella delle richieste di intervento pubblico. Fino al sovvertimento della logica e del diritto: non reclamo che siano rispettate leggi e sentenze, ma che il loro non rispetto diventi una ulteriore voce della spesa corrente improduttiva. Un doppio suicidio morale: contabile e giuridico.
Così procedendo si stimolerà la peggiore domanda dei cittadini nei confronti della politica e si selezionerà la peggiore classe politica per farla aderire alle domande dei cittadini. E questa è corruzione di massa. Oh, certo, non sono quei 10 milioni a far precipitare le cose, però segnalano il punto basso cui sono giunte.
Il Covid, fra le altre negatività che ha portato con sé, ha introdotto un’evoluzione genetica dell’assistenzialismo, generando un’economia dei ristori che illude e delude. Fa credere che basta volerlo e i soldi saltano fuori e prepara il salto nel buio dell’ineliminabile convinzione che non si sia mai stati ristorati abbastanza o di essere i soli esclusi dal ristorante pubblico. Porta male, questa roba. E sapere che c’è un’Italia forte e dinamica, che non sogna nemmeno di farsi sostenere e anzi sostiene, che sa competere e vincere, alla lunga funziona da alibi. 10 milioni sono niente. La credibilità delle istituzioni è moltissimo. E basta poco, purtroppo, a giocarsela.
di Davide Giacalone
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