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unione europea

La Francia no, l’Unione Europea sì

La “vigilanza” sul prossimo governo italiano evocata da alcuni membri del governo francese è una assurdità. Non lo è, al contrario, quella dell’Ue che ha tutto il diritto di intervenire in caso di palesi violazioni dei principi su cui si fonda la comunità.
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La Francia no, l’Unione Europea sì

La “vigilanza” sul prossimo governo italiano evocata da alcuni membri del governo francese è una assurdità. Non lo è, al contrario, quella dell’Ue che ha tutto il diritto di intervenire in caso di palesi violazioni dei principi su cui si fonda la comunità.
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La Francia no, l’Unione Europea sì

La “vigilanza” sul prossimo governo italiano evocata da alcuni membri del governo francese è una assurdità. Non lo è, al contrario, quella dell’Ue che ha tutto il diritto di intervenire in caso di palesi violazioni dei principi su cui si fonda la comunità.
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La “vigilanza” sul prossimo governo italiano evocata da alcuni membri del governo francese è una assurdità. Non lo è, al contrario, quella dell’Ue che ha tutto il diritto di intervenire in caso di palesi violazioni dei principi su cui si fonda la comunità.
Ci osserveranno e ci valuteranno. Parliamo dei nostri partner europei, alla vigilia dell’insediamento del nuovo governo, il primo a guida esplicitamente a destra della storia repubblicana. Un dato di fatto. Nessun giudizio, tantomeno pregiudizi su quella che potrà essere l’attività dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Davanti alla realtà pura e semplice e a considerazioni persino banali, risulta insopportabilmente provinciale e pretestuoso alzare controbarricate ideologiche o addirittura atteggiarsi a offesi se tutto questo viene esplicitato dai nostri partner. S’intende, fin quando nei modi istituzionalmente dovuti e corretti. Per essere chiari, i richiami a presunte “vigilanze” evocate da componenti del governo francese sono una sciocchezza bella e buona. Nessun Paese dell’Unione ha compiti di “vigilanza”, nel senso della maestrina dalla penna rossa intenta a dare lezioni, tantomeno di natura morale. L’Ue nelle sue istituzioni, però, esercita eccome un continuo controllo sul rispetto dei princìpi e dei valori democratici, della separazione dei poteri, dell’adesione al libero mercato, riservandosi il diritto-dovere di intervento in caso di palesi violazioni. Nell’interesse dei cittadini direttamente coinvolti e subito a seguire di quelli di una comunità di mezzo miliardo di persone. È la storia dei recenti contrasti con Ungheria e Polonia, al culmine di un severo processo di analisi e valutazione e di anni di richiami. Non sarà mai sufficiente qualche arrogante e impreparata dichiarazione di un singolo a far saltare questo schema. Tutto ciò dovrebbe suggerire ai partiti italiani – al governo o all’opposizione poco cambia – di smetterla una volta per tutte con la tattica della perenne lamentatio. Sono state costruite intere fortune politiche sul “Dagli all’Europa”, piuttosto che “Ce lo chiede l’Europa”. Opposti estremismi acritici, buoni per deresponsabilizzare e fare un po’ di caciara. Mentre scriviamo, l’Italia si appresta a ricevere una seconda, robustissima tranche di aiuti a noi destinati dal Next Generation Eu, il più colossale piano di aiuti della storia unitaria, finanziato anche attraverso la condivisione del debito. Una novità storica, anticipata dai fondi Sure, varati per sostenere l’occupazione dei Paesi più colpiti dalla pandemia di Coronavirus e tornati straordinariamente utili per mitigare gli effetti dello shock sul mercato del lavoro. A proposito, provate a indovinare quale sarà mai stato il Paese ad aver ricevuto più miliardi dai fondi Sure… La condivisione del debito già esiste, dunque, lamentarsi dei cattivi tedeschi che non vogliono condividerne ancor di più – perché ricchi, arroganti ed egoisti – appare vagamente ridicolo. Risorse e debito comuni implicano responsabilità comuni, una parte del ragionamento normalmente trascurato da queste parti. Non c’è proprio nulla di strano se a Berlino, a Parigi, ma anche a Madrid, Vienna o Atene vogliano conoscere il nuovo governo italiano e valutarne l’atteggiamento verso i partner, prima di procedere a nuove manovre comuni. Al massimo, la malafede di chi sollevi il punto pretestuosamente. Riflettiamo insieme: possiamo mai offenderci, noi di gran lunga i più indebitati dell’Unione e di gran lunga i più finanziati dai fondi messi a disposizione dall’Europa, se ciascun governo ascolta la propria opinione pubblica? Valgono i mal di pancia solo della nostra? Ci dovrà pur essere un limite all’arroganza di chi per anni ha chiesto, lamentandosi della matrigna Bruxelles e – dopo aver ottenuto più di chiunque, anche grazie alle tasse pagate dagli altri – offre la sgradevole sensazione di volere sempre di più. È su tutto questo che verrà pesato il nuovo governo italiano, non certo su paure e richiami molto cari ai media, ma di scarso peso rispetto al realismo che guida le riunioni del Consiglio dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea. Di Fulvio Giuliani

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