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La strada stretta della realtà

La strada è strettissima. Lo abbiamo sempre saputo, ma ora, posatasi la polvere della campagna elettorale, la baraonda dei risultati e le forti emozioni del “dopo“, la realtà pesa come un macigno. Lo stesso dicasi della responsabilità di cui abbiamo scritto sin dal primissimo commento seguito ai risultati del 25 settembre
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La strada stretta della realtà

La strada è strettissima. Lo abbiamo sempre saputo, ma ora, posatasi la polvere della campagna elettorale, la baraonda dei risultati e le forti emozioni del “dopo“, la realtà pesa come un macigno. Lo stesso dicasi della responsabilità di cui abbiamo scritto sin dal primissimo commento seguito ai risultati del 25 settembre
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La strada stretta della realtà

La strada è strettissima. Lo abbiamo sempre saputo, ma ora, posatasi la polvere della campagna elettorale, la baraonda dei risultati e le forti emozioni del “dopo“, la realtà pesa come un macigno. Lo stesso dicasi della responsabilità di cui abbiamo scritto sin dal primissimo commento seguito ai risultati del 25 settembre
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La strada è strettissima. Lo abbiamo sempre saputo, ma ora, posatasi la polvere della campagna elettorale, la baraonda dei risultati e le forti emozioni del “dopo“, la realtà pesa come un macigno. Lo stesso dicasi della responsabilità di cui abbiamo scritto sin dal primissimo commento seguito ai risultati del 25 settembre
Fratelli d’Italia, mentre già si alzano le richieste della Lega – secondo un’immarcescibile tradizione italiana chi più perde più pretende, per far finta di non aver perso – dà la sensazione di avere cominciato a fare i conti con i conti pubblici. Perché se nelle prossime ore sarà il governo uscente a presentare la Nota di aggiornamento di economia e finanza (la Nadef), entro ottobre o inizio novembre la Commissione europea attenderà le prime indicazioni sulla manovra di bilancio vera e propria, concedendo un’inevitabile proroga per dar tempo di formare il governo. Strada strettissima, si diceva, tempi praticamente ridotti a zero e manovra da almeno 40 miliardi. Il che, però, potrebbe risultare una delle poche buone notizie dal punto di vista economico di questo passaggio: non ci sarà tempo per le classiche, estenuanti trattative che conosciamo sin troppo bene. Se vorrà, la presidente del Consiglio in pectore Giorgia Meloni potrà mettere dal giorno 1 in chiaro le cose con i suoi alleati, a cominciare dal più riottoso, facendo capire quanto poco margine ci sia per far festa. Tradotto, per i leggendari scostamenti di bilancio invocati da Salvini. La crescita sta frenando, anche se per il 2023 la stessa Nadef avrà ancora un segno positivo, poco sotto l’1%, rispetto alle previsioni di recessione delle agenzie di rating. Il che significa meno gettito fiscale e meno risorse che hanno permesso a Mario Draghi di varare aiuti complessivi per 66 miliardi di euro senza fare un euro di nuovo debito. Tolte le spese incomprimibili, non resterebbe che aggredire l’area dei bonus e del reddito di cittadinanza. Zona politicamente sensibilissima, ma pur sempre quella su cui poter agire per trovare i soldi e soprattutto indicare un atteggiamento, una strada del nuovo governo. Misurare la capacità di equilibrare promesse e realtà e cominciare a capire se vincerà chi vuole mettere il futuro in conto ai nostri figli o chi vuole continuare su una strada di serietà.   Di Fulvio Giuliani

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