Funerali Berlusconi: la sua gente e le assenze
Ai funerali di Berlusconi c’era la “sua” gente; per Berlusconi la gente era la cartina di tornasole del suo mondo. Ma molte anche le assenze, in primis quella di Giuseppe Conte
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Ai funerali di Berlusconi c’era la “sua” gente; per Berlusconi la gente era la cartina di tornasole del suo mondo. Ma molte anche le assenze, in primis quella di Giuseppe Conte
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Funerali Berlusconi: la sua gente e le assenze
Ai funerali di Berlusconi c’era la “sua” gente; per Berlusconi la gente era la cartina di tornasole del suo mondo. Ma molte anche le assenze, in primis quella di Giuseppe Conte
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Ai funerali di Berlusconi c’era la “sua” gente; per Berlusconi la gente era la cartina di tornasole del suo mondo. Ma molte anche le assenze, in primis quella di Giuseppe Conte
C’era la ‘sua’ gente. Non quella fra le volte del Duomo, assisa sulle poltroncine riservate ai potenti, rigorosamente protetta dai cecchini e dalle forze dell’ordine, incanalata per raggiungere il posto assegnato dall’inevitabile rigido protocollo. E per ‘sua’ gente non intendo riferirmi soltanto a quella parte di popolo che lo ha amato e votato per tanti e tanti anni. No. Per Silvio Berlusconi la gente – consumatori, lavoratori, clienti, imprenditori – era innanzitutto la cartina di tornasole del suo mondo. Votasse o meno per lui, era la sua forza, la base su cui ha costruito il suo successo, il suo impero.
Per onorarlo, le sue televisioni hanno eliminato gli stacchi pubblicitari. Decisione ovvia ma non so, avendolo conosciuto, quanto gradita… Come si dice in questi casi, adesso cercherà di organizzare l’aldilà. Inferno, purgatorio, paradiso, chi lo sa e soprattutto chi ci crede. Troverà ad aspettarlo i tanti che hanno fatto con lui la televisione nuova, quelli che la retorica del dolore ha dimenticato, quelli che lui alle convention definiva «La mia Nazionale del giornalismo»: Guglielmo Zucconi, Indro Montanelli, Enzo Bettiza, Arrigo Levi e tanti altri. Scherzerà con loro e a Zucconi sistemerà il cappello e la cravatta, come ha fatto per anni.
Oggi il mondo è cambiato e non è sempre al meglio. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, ha ‘disertato’ il funerale. C’erano tutti, leader e peones della maggioranza e dell’opposizione. L’avvocato, che nel governo guidato da Mario Draghi sedeva a pieno titolo con il partito il cui leader era ancora Silvio Berlusconi (nonostante età, acciacchi e non pochi nemici interni), ha ritenuto di non partecipare al rito collettivo che introduce la pietas umana in un mondo – quello della politica, soprattutto in Italia – dove resta tuttora sconosciuta. Conte ha così commesso due errori da matita blu: scarsa o nulla sensibilità umana; scarsa o nulla considerazione politica verso un personaggio che nel bene e nel male, in qualunque modo lo si voglia giudicare, ha rappresentato per oltre trent’anni il volere di milioni di italiani.
Capisco i giudizi critici, perfino gli atteggiamenti caustici e i titoli irrisori di coloro che in tutti questi anni hanno creato le proprie fortune economiche e professionali facendo dell’antiberlusconismo una sorta di mantra religioso. Non capisco o, meglio, ‘fingo’ di non capire la scelta di Giuseppe Conte e di alcuni altri leader (leaderini) di piccoli partiti da prefisso telefonico che in questi trent’anni hanno rappresentato porzioni minime di elettorato, del tutto legittimamente inscrivibili nella democrazia, in quello che un tempo si definiva “arco costituzionale”. Temo che alla base di certe scelte – legittime, per carità – ci sia stato il timore molto concreto della folla: di contestazioni, fischi e frasi inappropriate dettate dal fastidio crescente verso quanti hanno mangiato e continuano a mangiare nella greppia del Palazzo.
Il fatto che in Duomo ci sia stato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella avrebbe dovuto consigliare un doveroso coraggio a questi personaggi assenti, Conte in primis. Fu vigliaccheria? Non lo voglio pensare. Mi aiuta nel giudizio il grande Alessandro Manzoni, a suo tempo molto criticato per “Il cinque maggio” scritto in morte di Napoleone: «Se voi sapete ch’io abbia, per pusillanimità, per qualunque rispetto, trascurato qualche mio obbligo, ditemelo francamente». Ecco, siete dei pusillanimi.
di Andrea Pamparana
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