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G7 Capri

G7 in diretta da Capri

Oggi si chiude il G7 Esteri, in corso da due giorni a Capri. L’analisi sulle questioni decisive che il mondo libero deve affrontare sul presente e sul futuro

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Oggi si chiude il G7 Esteri, in corso da due giorni a Capri. L’analisi sulle questioni decisive che il mondo libero deve affrontare sul presente e sul futuro

Capri – Come, con chi e fino a che punto. Leggerete e ascolterete in queste ore numerosi resoconti sulle conversazioni, gli auspici e le decisioni del G7 dei ministri degli Esteri, in corso da due giorni a Capri e che si chiuderà oggi. Ebbene, fuor di ogni retorica, è opportuno tenere a mente che le questioni decisive che il mondo libero (di cui il G7 è una rappresentazione di potere e diplomazia) deve affrontare sul presente e sul futuro (ci riferiamo a temi dirimenti) non sono infinite ma ben circoscritte.

Prima questione: l’Ucraina che, per resistere all’aggressione russa scattata oltre due anni fa, sta chiedendo agli alleati mezzi e aiuti. Il primo sostegno è avere uno scudo armato che le permetta di difendersi dagli attacchi lanciati da Mosca, dopo che in tutti i modi è stato spiegato a Kiev – dal mondo libero suo alleato – che non deve attaccare in profondità nel territorio russo. Sillogismo facile e banale: non può attaccare in profondità, ma può beccarsi i missili russi in profondità nel suo Paese. Se non cambia qualcosa il risultato è già scritto: Mosca vincerà la sua guerra di torti e di aggressione. Soluzione geopolitica (ma a suo modo anche diplomatica): che la Nato e il G7 diano il via libera allo scudo difensivo, quello che ha chiesto agli alleati il ministro ucraino degli Esteri Dmytro Kuleba, presente a Capri.

Su questo argomento ieri il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg (anche lui presente al vertice caprese) ha fatto presente che l’Ucraina ha attualmente bisogno di uomini e di mezzi sul campo, aggiungendo che gli alleati della Nato possono contribuire con i secondi. Sul primo punto – gli uomini per la guerra – Stoltenberg ha pure ricordato come Kiev abbia appena approvato una nuova legge che estende la fascia d’età utile per la leva obbligatoria: «Non spetta a me entrare nei dettagli, ma sono sicuro che l’Ucraina prenderà le decisioni giuste per mobilitare il necessario numero di uomini». Domanda: farà lo stesso la Nato sulle armi e sul rafforzamento difensivo ucraino? Ci auguriamo di sì. Altrimenti – detto schiettamente – i vertici come quello di Capri sarebbero inutili se non come passerelle mediatiche. Ovvio che in questo ragionamento non ci possiamo dimenticare della spaccatura che sta attraversando gli Stati Uniti (dove si voterà a novembre per le presidenziali), un Paese in cui i repubblicani insistono nel legare i nuovi aiuti all’Ucraina alla questione migratoria verso gli Usa dal Messico e a un giro di vite su di essa.

Il bilancio (in fieri) del G7 caprese dei ministri degli Esteri non finisce qui. Ci sono altri due temi chiave che meritano una decisione. Il primo è la questione Iran dopo l’attacco a Israele. Il G7 ha puntato sulle sanzioni, che pure già erano in essere, scommettendo su un loro inasprimento. La vera partita qui dev’essere esplicita: si chiama Cina. Sanzionare Pechino per i suoi export con l’Iran, soprattutto riguardo a tecnologie e affini, porterebbe infatti a un rinculo che va considerato. E che può essere riassunto in una frase: il rischio di consolidare un asse dei cattivi di cui oggi fanno sicuramente parte la Russia, la Corea del Nord e l’Iran, con l’aggiunta della Cina ai non magnifici tre. Da questa partita, che si gioca su un filo di lana fra una nuova Guerra fredda sicura e possibilità di spiragli diplomatici, separando i cattivi, emerge in maniera nitida quella che oggi potremmo definire la dottrina di Henry Kissinger, l’ex segretario di Stato Usa che nel secolo scorso s’inventò la “diplomazia del ping pong” per sganciare il Dragone da tentazioni di possibili convergenze con l’Unione Sovietica. Ebbene oggi – anche in vista del G7 fra i leader dei rispettivi Paesi membri che si terrà a giugno in Puglia – la dottrina dell’attuale segretario di Stato Usa Antony Blinken dovrebbe tenerne conto. Non farlo significherebbe correre spediti verso una guerra non solo fredda ma pure a rischio di calore (insomma, di scontro militare).

Il resto è Capri, un’isola bella e voluttuosa che lo scrittore Curzio Malaparte considerava – per la sua stessa natura – omerica. Auguriamoci si sbagliasse, perché Omero ha fatto epica e scritto di guerre. Non di diplomazia.

Di Massimiliano Lenzi

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