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Giorgia Meloni e il dittatore necessario

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La via che si spiana davanti alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, all’immediata vigilia della visita in Tunisia, è incredibilmente stretta
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Giorgia Meloni e il dittatore necessario

La via che si spiana davanti alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, all’immediata vigilia della visita in Tunisia, è incredibilmente stretta
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Giorgia Meloni e il dittatore necessario

La via che si spiana davanti alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, all’immediata vigilia della visita in Tunisia, è incredibilmente stretta
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La via che si spiana davanti alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, all’immediata vigilia della visita (la seconda in pochi giorni) in Tunisia, è incredibilmente stretta. Oggi, il capo del governo italiano si recherà a Tunisi insieme alla presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen e al premier olandese Mark Rutte. Il che è significativo di per sé, considerato l’esito del recente vertice di Lussemburgo sui migranti. Importante presentarsi insieme, perché l’Unione non è riuscita a far passare il concetto (politicamente indigeribile per troppi governi) dei ricollocamenti obbligatori, scegliendo una forma di indennizzo economico per ogni singolo ricollocamento rifiutato. Soprattutto, l’Ue ha assegnato ai Paesi di primo sbarco il compito/impegno (improbo) di individuare i “Paesi sicuri“ verso cui indirizzare gli immigrati che siano respinti. Eccoci, così, alla Tunisia, in preda da anni a convulsioni sociali e politiche profondissime, in mano a un presidente-dittatore – Kais Saied – salito al potere con un colpo di Stato nel 2019. Un padre-padrone con ben pochi mezzi e disperatamente alla ricerca di aiuti finanziari internazionali. Giorgia Meloni ha ricevuto la benedizione quale ‘emissaria’ dell’Ue, perché la Tunisia ci aiuti sul fronte dei migranti, trattando sul sostegno economico che Bruxelles potrebbe concedere. Il problema resta ciò che oggi è la Tunisia: un Paese dove i cadaveri dei migranti morti in mare vengono orrendamente dimenticati nell’obitorio di Sfax, un luogo che appare tutto tranne che sicuro. Un incubo per chi proveniente dall’Africa subsahariana e sogna Lampedusa come porta dell’Europa, un Paese attraversato da rigurgiti razzisti rinfocolati dallo stesso Saied. Cosa potranno ottenere oggi Meloni, Von Der Leyen e Rutte? Quanto è logico sperare si allarghi quella strada strettissima, grazie a un nuovo colloquio con un dittatore che ha ampiamente mostrato tutto il suo cinismo nell’agitare l’arma dei migranti verso di noi? La risposta è implicita nelle domande retoriche, eppure non possiamo che provare, facendo leva sull’unico linguaggio che Saied capisce: quello dei soldi e della considerazione internazionale. Del tutto immeritata, peraltro, ma questo non sembra preoccuparlo neppure un po’. di Fulvio Giuliani 

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