AUTORE: Vittorio Pezzuto
Accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e associazione a delinquere, sospeso prima e destituito poi, processato per sette anni e infine assolto. Il calvario giudiziario dell’ambasciatore Michael Giffoni indigna ma di sicuro non sorprende.
Quanti altri hanno dovuto subire i costi di un’inchiesta sbagliata? Tanti, troppi. Ce lo ricordano le storie atroci raccontate in prima persona nella nostra rubrica “Giustiziati”: grani dolorosi di un rosario grottesco, senza fine e senza responsabili. Nel concedere interviste ai giornali – quegli stessi che domani continueranno a privilegiare le veline della Procura e quindi la presunzione di colpevolezza – Giffoni si è guadagnato un risarcimento d’immagine significativo ma irrilevante.
Lo spazio che gli è stato concesso potrà forse avergli restituito un’oncia di serenità ma suona paradossalmente come un privilegio se si pensa a quanti – strappati ai sogni, derubati del proprio lavoro, spogliati della propria onorabilità, sputtanati dal tribunale social, la famiglia in frantumi e i conoscenti che ti indicano a distanza – non hanno avuto e non avranno l’occasione di mostrare l’osceno. Meglio, molto meglio nascondere i giustiziati sotto il tappeto.
La storia di Giffoni sarà inutile se si vorrà rubricarla nella casella degli imprevisti, quale dolorosa eccezione nell’ambito di un sistema giudiziario che prima o poi riesce a fare ammenda dei propri errori. Così non è. Giustizia è sfatta, e se non ce ne accorgiamo è soltanto perché la metastasi giustizialista ha compromesso i nostri riflessi.
L’avviso di garanzia resta sinonimo di colpevolezza, si continua a pretendere che l’accusato dimostri la propria innocenza, i costi di un processo inghiottono patrimoni familiari, la sudicia macchia del sospetto non sparisce mai del tutto. E tutto questo siamo disposti a tollerarlo perché ci illudiamo che non potrà mai riguardarci, che non finiremo spintonati all’improvviso nella colonna dei giustiziandi. Preferiamo chiudere gli occhi, ma così andiamo fatalmente a sbattere contro la peggiore giustizia in Europa.
Quanto a Giffoni, addolora scoprire che il suo procedimento di sospensione venne firmato dal ministro Emma Bonino. Un politico di professione che la lunga frequentazione di Marco Pannella e dei radicali dovrebbe aver vaccinato contro il giustizialismo.
L’amministrazione che dirigeva avrà considerato quella pratica come necessaria per tutelare la propria onorabilità da chi quell’onore aveva di colpo perduto. E nella donna che combatté insieme a Enzo Tortora avranno prevalso i riflessi ministeriali, l’assuefazione alle carte, il procedere burocratico, il “chi se la prende la responsabilità” e il “sarà la giustizia ad accertare”.
di Vittorio Pezzuto
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche
Manovra 2026, Giorgetti: “Siamo stati massacrati, ma siamo nel giusto”
09 Novembre 2025
Legge di Bilancio: secondo i rilievi di Bankitalia, Corte dei Conti, Upb ed Istat il taglio dell’I…
Brunetta e il pasticciaccio brutto
08 Novembre 2025
Il presidente del Cnel Renato Brunetta si alza lo stipendio di 60.000 € annui, da 250.000 a 310.00…
Manovra, ironia Meloni: “Nuovo sciopero Cgil, in quale giorno cadrà?”
08 Novembre 2025
Dopo la frase sul “weekend lungo”, è arrivato un altro affondo di Giorgia Meloni contro la Cgil
Retromarcia di Renato Brunetta: revocato l’aumento di stipendio
07 Novembre 2025
Retromarcia di Renato Brunetta dopo l'”irritazione” della presidente del Consiglio per la notizia…
Iscriviti alla newsletter de
La Ragione
Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.