Gli interessi in comune tra Italia e Francia
Ci sono diversi temi su cui Italia e Francia devono cooperare, nessuno è in condizione di rinunciare all’altro
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Gli interessi in comune tra Italia e Francia
Ci sono diversi temi su cui Italia e Francia devono cooperare, nessuno è in condizione di rinunciare all’altro
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Gli interessi in comune tra Italia e Francia
Ci sono diversi temi su cui Italia e Francia devono cooperare, nessuno è in condizione di rinunciare all’altro
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Ci sono diversi temi su cui Italia e Francia devono cooperare, nessuno è in condizione di rinunciare all’altro
Non sarà mai un matrimonio d’interesse e parlare di “matrimonio” ci pare francamente eccessivo visti i precedenti, ma Italia e Francia hanno troppi interessi comuni per non riscoprire gli enormi vantaggi del fronte comune. Al Consiglio europeo di Bruxelles Giorgia Meloni ha oggettivamente registrato l’accresciuto impegno dell’Unione su un tema decisivo in termini politici come quello dei migranti. Quanto le cose possano cambiare in tempi relativamente rapidi, grazie a questo impegno, è tutt’altra faccenda e richiamare alla prudenza, a non prendere per oro colato le entusiastiche dichiarazioni di fine vertice è il minimo sindacale. Non è professione di scetticismo, è richiamo a un sano realismo. In quest’ottica, è proprio nel riallacciarsi dei rapporti ai massimi livelli esecutivi fra Roma e Parigi che il governo italiano ha raccolto i risultati più significativi. Depurati da una spruzzata di ideologia e da una certa idiosincrasia personale su cui potremmo anche esercitarci (ma per puro gossip politico), è faccenda di sostanza. Ci ricorda, fra le altre cose, quanto all’opposizione si possa dire un po’ quello che si vuole, vivendo al più il tema della futura, personale coerenza. Quando si è al governo, è l’orizzonte stesso a cambiare.
Basta fare un sommario elenco dei temi su cui Italia e Francia devono cooperare per giungere alla banale considerazione che nessuno è in condizione di rinunciare all’altro. All’Eliseo come a Palazzo Chigi. In ordine sparso, innanzitutto l’ormai prossima discussione sulla riforma del Patto di stabilità e le politiche green che ci chiameranno a una serie di decisioni strategiche da far impallidire la rumorosa e un po’ ridicola polemica sullo stop alla vendita di motori termici dal 2035. Sul tema la Francia vuole assolutamente inserire anche il nucleare fra le fonti green, in ossequio a una scelta strategica ultradecennale. Una sponda italiana le sarebbe utilissima e – paradossi della politica e della storia – Macron può trovare molta più comprensione in una maggioranza teoricamente lontana da sé che nei partiti oggi all’opposizione a Roma. Alla crisi libica, intanto, si è aggiunta la polveriera tunisina, non certo a caso richiamata a tinte foschissime da Giorgia Meloni. Quanto all’Ucraina, il presidente della Repubblica francese e il capo del governo italiano hanno un gran bisogno di sponde per puntellare ciascuno i propri fronti più esposti. Emmanuel Macron ha il Paese in fiamme sulla riforma delle pensioni e inevitabilmente perde spazio di manovra e influenza sull’opinione pubblica anche sul fronte russo-ucraino. Giorgia Meloni mantiene una posizione rigidamente filoatlantica e anti-Putin, ma non è certo inconsapevole dei diffusi mal di pancia nella sua stessa maggioranza. Per ora tutti hanno buon gioco nel sottolineare che alla fine contino i voti. Per ora.
Non citiamo nemmeno i molteplici intrecci di carattere strettamente economico-finanziario. Questa è la realtà e questi sono gli interessi; poi ci sono antipatie e simpatie, ma quelle passano. Come le persone e anche i leader.
Di Fulvio Giuliani
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