Il balletto in scena a Palermo, a margine del processo che vede imputato Matteo Salvini per la vicenda “Open Arms”, è il trionfo della peggiore ipocrisia politica. Ovunque ci si volti e da qualsiasi angolazione si osservi questa vicenda, si resta disturbati.
Una storia che fu pessima sin dall’inizio e i cui frutti avvelenati continuano a intossicare il dibattito pubblico. Per sovrapprezzo, a incidere sulla stessa capacità di giudizio e valutazione di un problema epocale e del ruolo dell’Italia in un fenomeno che sfugge alla capacità di controllo di qualsiasi singolo Paese.
Oggi, con una dose di faccia tosta che lascia senza parole, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il vice presidente del consiglio dell’epoca Luigi Di Maio ci fanno sapere che Matteo Salvini “fece tutto da solo per propaganda politica”. Era l’estate del 2019, il governo Conte I era moribondo, mentre Salvini faceva il dj al Papeete e invocava i pieni poteri. Propaganda a manetta, certo, ma il Movimento Cinque Stelle non era da meno, preparando una exit strategy che avrebbe portato al Conte II e all’estromissione di Salvini dalla maggioranza. Oggi ciascuno ci vorrebbe far credere o di non esserci stato o di essere stato assorbito solo dai destini dell’Italia.
Vi ricordate le tre scimmiette? C’è quella che non vede, quello che non parla e quella che non sente: il trionfo dell’incomunicabilità e dell’indifferenza, ma soprattutto dell’insopportabile ipocrisia. La sceneggiata messa in piedi dal trio a scoppio ritardato.
Perché Matteo Salvini oggi gioca alla vittima abbandonata al suo destino non dal destino cinico e baro, ma dai due vecchi sodali, tramutatisi nel frattempo in acerrimi avversari. Uno spettacolo inconsistente e politicamente squallido.
Che lo fosse, lo sapevamo e lo dicemmo ai tempi – estati del 2018 e del 2019 – chiedendoci come si potesse arrivare a impedire a unità della nostra Guardia Costiera (nave Diciotti) di entrare in un porto italiano, solo per una propaganda dissennata, pericolosa e inconcludente. Salvini, Conte e Di Maio c’erano allora e ci sono oggi (Di Maio politicamente non più).
Tanto in quelle torride estati quanto ieri hanno continuato a recitare il loro ruolo a turno delle tre scimmiette.
Di Fulvio Giuliani