Governo Meloni, paroloni d’ordine e realtà
Governo Meloni, paroloni d’ordine e realtà
Governo Meloni, paroloni d’ordine e realtà
“È finita la pacchia”. Espressione di successo della propaganda di centrodestra, prima destinata all’Europa e adesso – considerato che dall’Unione arrivano e continueranno ad arrivare barche di quattrini e forse non è il caso di fare i fenomeni con chi risulterà fondamentale anche per affrontare l’emergenza energetica – virata più modestamente su rave party, delinquenti in generale e una spruzzatina di Ong che non fa mai male. Anche “ostativo” è rimasto in piedi da solo, senza più l’“ergastolo”. Come scritto ieri da Davide Giacalone, del resto l’ergastolo ostativo è stato semplicemente abrogato, se non altro nel rispetto di un paio di trattati internazionali e della sentenza della Corte costituzionale e della sua dead line in materia all’8 novembre prossimo (o lo cancellate voi o lo abroghiamo noi). Resta solo la nuova parola d’ordine “ostativo”, che molti manco sanno cosa significhi ma fa molto “legge e ordine”. Anche nel suono, oseremmo dire.
Sono, in effetti, interi giorni di parole d’ordine, ottime per soddisfare la pancia di quell’elettorato che si è visto trionfante nell’urna ma un po’ messo da parte nelle prime ore del governo Meloni, quando era tutto un inno alla continuità con il detestato esecutivo Draghi. Serviva, per farla breve, una spruzzata di tradizione lessicale, anche per tener buona la maggioranza. In particolar modo quella leghista che del “È finita la pacchia” ha fatto un mantra social per anni.
La pacchia sarà pur finita ma – per fare un esempio clamoroso – a Modena lo Stato non ha messo in mostra tanto il suo volto arcigno e severo quanto la superba capacità delle donne e degli uomini delle nostre forze dell’ordine di gestire l’ordine pubblico. Si doveva ottenere un risultato – sgomberare l’area del rave illegale – e il risultato è stato conseguito. A Roma si può così inneggiare alla pacchia defunta, mentre a Modena i ragazzi arrivati per far casino hanno semplicemente lasciato l’area (dopo aver anche ripulito, di sicuro parte della trattativa condotta in loco) fra due ali di reparti antisommossa che si sono guardati bene dal perquisirli, pur sapendo perfettamente che un po’ di erba o altro stava sfilando davanti a loro.
Anche sul delicatissimo fronte delle attività di soccorso e controllo in mare abbiamo riascoltato paroloni da Conte I, ma il contesto è radicalmente cambiato e certe cose semplicemente non fanno più l’effetto di allora. L’opinione pubblica è assorbita dalla guerra, dall’inflazione, da quella stessa retorica del disastro economico incombente che ha finito per far impallidire l’interesse per l’allarme-migranti. È un parlare un po’ a vuoto, per farla breve, proprio perché la retorica dei mesi dell’opposizione di Fratelli d’Italia e della Lega di governo e lotta (un po’ più di lotta che di governo) ha finito paradossalmente per concentrare l’attenzione della pubblica opinione sul tema più complicato in assoluto da affrontare: quello economico. Per qualche giorno, così, le parole d’ordine aiuteranno a distrarre con una spruzzatina di “legge e ordine”, ma nel giro di poche ore la realtà delle bollette sarà più che sufficiente a spazzar via i rave e a mettere in secondo piano le navi delle Ong.
In più, come scrivevamo ieri e trovate oggi in prima pagina, l’Italia del governo Draghi è cresciuta sino all’ultimissimo giorno dell’esecutivo guidato dall’ex presidente della Banca centrale europea. Anche più del previsto. Non c’è trucco, non c’è inganno e il governo Meloni parte da tutti segni più: una bella grana per chi sperava in una lunga luna di miele a base di “Vi salveremo dal disastro dei governi delle sinistre e dei banchieri”. L’unica parola d’ordine che abbia un senso resta “lavoro”.
di Fulvio GiulianiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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