Governo tripartito
La coesistenza nel governo di linee diverse di politica estera non è più una congettura maliziosa dei soliti giornalisti: è un dato di fatto
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La coesistenza nel governo di linee diverse di politica estera non è più una congettura maliziosa dei soliti giornalisti: è un dato di fatto
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La coesistenza nel governo di linee diverse di politica estera non è più una congettura maliziosa dei soliti giornalisti: è un dato di fatto
La coesistenza nel governo di linee diverse di politica estera non è più una congettura maliziosa dei soliti giornalisti: è un dato di fatto, ogni giorno reso più evidente dagli ‘scarti’ di Matteo Salvini e dalla difficoltà di Meloni a circoscriverne la portata. Abbracciare o stringere la mano all’ambasciatore russo Alexej Paramonov non è un gesto casuale o un atto di cortesia, come si vuole far intendere. È un atto politico prima di tutto rivolto contro Giorgia Meloni e Sergio Mattarella, entrambi destinatari di attacchi verbali dello stesso Paramonov, per tacere delle minacce di Maria Zakharova e Dmitrij Medvedev.
Salvini non sarà titolare della politica estera, come ripetono Tajani e Meloni, è innegabile però che le sue iniziative – talvolta prese in funzione di contenimento di quelle più abrasive di Vannacci – hanno finito col generare una certa strisciante opacità nella politica estera oltre a quella di difesa.
Ha colto il punto il direttore Giacalone. Riferendo l’allarme del ministro Crosetto sull’Italia incapace di difendersi da un attacco, russo o di altri, ha osservato che «se un ministro della Difesa arriva a dire quel che il nostro ha detto e che nessuno, al suo posto, vorrebbe o dovrebbe dire, è segno che c’è un problema politico, che trova ostacoli insormontabili nell’approntare quella difesa e che quindi – come ultimo servizio al Paese – getta la spugna della sincerità».
Con la guerra sulla soglia della casa Europa, la questione posta da Crosetto s’intreccia, come è inevitabile, con le linee di politica estera che dovrebbero sostenere l’azione del governo. Sapere da chi e come difendersi, o da quale direzione è più probabile che arrivino le minacce alla sicurezza e alla sovranità dell’Italia, è un punto cruciale per definire la strategia di difesa. Che non è più soltanto italiana ma europea, integrata nella Nato o in quel che rimane dell’operatività dell’Alleanza.
Si viene così al nodo della questione. Meloni ha tracciato con una certa abilità la linea politica successiva all’aggressione della Russia all’Ucraina. Lo ha fatto quando era all’opposizione del governo Draghi e questa circostanza ha reso più agevole il compito una volta al governo. Dalla rielezione di Trump sono arrivate complicazioni impreviste anche se non del tutto imprevedibili. Il quadro delle relazioni atlantiche è finito rapidamente sotto stress in seguito alle iniziative dell’amministrazione americana. I ripetuti strappi allo spirito dell’alleanza, insieme a iniziative improvvide (come nel caso del vertice ferragostano di Anchorage), hanno generato in Europa un certo sconcerto insieme a non pochi equivoci sul posizionamento da assumere nei confronti dell’aggressione russa.
In una cornice tanto incerta non è stato difficile per Putin accentuare le divisioni dell’Occidente fino allora rimaste sottotraccia. Un po’ ovunque nell’Unione Europea, e quindi in Italia, i partiti più sensibili al fascino dell’autocrazia hanno trovato nuovo slancio. Guidare un governo in cui coesistono linee diverse di politica estera – Salvini con lo sguardo a Mosca, Tajani a Bruxelles, Meloni che non vuole perdere Washington – è impresa superiore a ogni forza. È anche una seria ferita alla credibilità dell’Italia in Europa.
In un altro tempo, da tale situazione il presidente del Consiglio poteva uscirne salendo al Quirinale “per consultazioni”. E ridiscenderne con un’idea chiara: si va in Parlamento e si verifica la sussistenza della maggioranza. Nell’Italia che si è voluta ingessata nel bipolarismo, non è più così. Anche a voler cercare una maggioranza diversa, perfino trasversale, si scoprirebbe che non c’è una maggioranza europeista, filoatlantica e favorevole a rafforzare la difesa. Evidentemente sono quisquilie e pinzillacchere, per partiti troppo impegnati a contendersi la guida della Campania o del Veneto.
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