I dazi europei non esistono
I dazi europei non esistono. Non sono mai esistiti, dopo il Mercato comune. La nostra è un’area di libero scambio, sicché chiedere all’Europa (accidenti, si chiama Unione Europea) di cancellare i dazi interni è surreale

I dazi europei non esistono
I dazi europei non esistono. Non sono mai esistiti, dopo il Mercato comune. La nostra è un’area di libero scambio, sicché chiedere all’Europa (accidenti, si chiama Unione Europea) di cancellare i dazi interni è surreale
I dazi europei non esistono
I dazi europei non esistono. Non sono mai esistiti, dopo il Mercato comune. La nostra è un’area di libero scambio, sicché chiedere all’Europa (accidenti, si chiama Unione Europea) di cancellare i dazi interni è surreale
I dazi europei non esistono. Non sono mai esistiti, dopo il Mercato comune. La nostra è un’area di libero scambio, sicché chiedere all’Europa (accidenti, si chiama Unione Europea) di cancellare i dazi interni è surreale. Con tendenza al ridicolo.
Ma non ne aveva parlato Mario Draghi? Sì, lo ha fatto e va invitato a non usare più immagini di quel tipo, considerato che si rivolge a una platea d’infinita ignoranza. Se domani parlasse dei “fantasmi del passato” c’è pure il rischio che qualcuno gli attribuisca la prova che esistono gli spettri. Draghi aveva ragione, ma gli ostacoli allo sviluppo del mercato interno europeo – quelli che ha improvvidamente chiamato “dazi” – sono le differenti e scombiccherate normative nazionali. Sicché la richiesta di cancellarli non va indirizzata all’Ue, ma agli Stati nazionali.
La cosa sensazionale è che gli stessi che si sono battuti contro l’integrazione dei mercati ora lamentano la mancata integrazione dei mercati. Prima si dicono contrari alla standardizzazione dei prodotti e delle etichette, poi abboccano all’idea che siano un dazio europeo le diverse normative nazionali. L’importante è lamentare un guasto europeo, mentre i guasti sono i loro.
“I dazi europei” e l’Italia
Noi in Italia paghiamo l’energia elettrica più degli altri e infinitamente più degli spagnoli, sicché da una parte ci imponiamo un autodazio e dall’altra lo imponiamo alle altre imprese europee che volessero investire in Italia. Ma se l’Ue ci costringe (giustamente) a fare le gare per assegnare le concessioni idroelettriche noi ci opponiamo e pensiamo di prorogare le vecchie, proteggendo una rendita che vende a un prezzo sproporzionato rispetto ai costi. Perché Confindustria non profferisce verbo? Perché non lo fa sugli altri settori in concessione, dove le gare si evitano come la peste, balneari compresi? L’ostacolo è la violazione della normativa europea, pertanto è folle chiedere che a rimediare sia l’Ue.
Fior d’imprenditori vanno ripetendo una bella frase fatta: l’Ue deve superare il vincolo del diritto di veto. Giusto, ma anche insignificante e vagamente vile se poi non si aggiunge che l’ostacolo è anche italiano, visto che siamo i soli a non avere ratificato la riforma del Mes.
La transizione energetica e la decarbonizzazione
Prendiamo il capitolo vitale della transizione energetica e della decarbonizzazione: si è partiti da una visione penitenziale, propagandata da una Greta tanto esaltata quanto fuori dal mondo (memorabile il suo andare negli Usa in barca a vela), salvo poi approdare alla negazione del problema. Prima eravamo colpevoli perché sporcavamo, poi siamo diventati colpevoli perché pulivamo. Dall’espiazione alla liberazione dai vincoli. Due cecità ideologiche. Intanto la Cina, che inquina alla grande, investe massicciamente in tecnologie della decarbonizzazione e qui si festeggia l’andare indietro anziché avanti. Eccolo un dazio europeo, che non è un dazio e non è europeo, piuttosto il suo opposto: la negazione dell’indirizzo europeo (votato dal Parlamento di Strasburgo).
Che qualcuno provi a confondere le idee – anche per coprire posizioni propagandistiche di ieri, incompatibili con quel che oggi è divenuto – ci può anche stare, ma il luogo comune secondo cui sia ascrivibile alle istituzioni europee la responsabilità per quel che manca all’integrazione europea è sulla bocca di troppi, privo del benché minimo fondamento. Certo che quelle istituzioni devono fare un salto di qualità, ma l’ostacolo è nelle ottusità delle propagande nazionaliste.
Nella difesa europea si è in ritardo perché gli Stati nazionali hanno frenato; ora però si è vicini a un balzo in avanti e – se ne prenda nota – il diritto di veto viene neutralizzato dalla possibilità della “cooperazione rafforzata”. Il tema è: l’Italia è dentro o fuori? Perché la decisione si prende adesso, i Volenterosi sono già in marcia e dirsi ponte con gli Usa non significa niente. È anche un tema industriale, ove mai Confindustria abbia voce per altro che non sia il chiedere aiuti.
I fantadazi europei sono ineliminabili perché inesistenti.
di Davide Giacalone
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