Il campo largo non c’è, ma il Pd di Schlein fa finta di nulla
Il campo largo non c’è, ma il Pd di Schlein fa finta di nulla. Esiste un cartello elettorale ma finora ha raccolto solo insuccessi e generato candidature improbabili

Il campo largo non c’è, ma il Pd di Schlein fa finta di nulla
Il campo largo non c’è, ma il Pd di Schlein fa finta di nulla. Esiste un cartello elettorale ma finora ha raccolto solo insuccessi e generato candidature improbabili
Il campo largo non c’è, ma il Pd di Schlein fa finta di nulla
Il campo largo non c’è, ma il Pd di Schlein fa finta di nulla. Esiste un cartello elettorale ma finora ha raccolto solo insuccessi e generato candidature improbabili
Noi possiamo anche far finta che i mal di pancia e le tribolazioni del centrosinistra siano una questione di Elly Schlein e Giuseppe Conte.
Sia un derby fra due anime che fanno finta di essere conciliabili, ma che in realtà hanno un unico comune denominatore forte ed è la volontà di trovare uno spazio elettorale credibile alternativo a Giorgia Meloni ed essere lo sfidante della presidente del Consiglio alle prossime elezioni politiche.
Su questo altare, stanno sacrificando tutto, stanno facendo finta di non vedere ciò che è evidente a chiunque voglia osservare senza gli occhi foderati dai prosciutti del tifo: l’alleanza non esiste. Il campo largo è un’astrazione.
Esiste un cartello elettorale che per il momento ha raccolto solo insuccessi e generato candidature altamente improbabili lì dove si sarebbe dovuto provare a invertire il trend.
Il Movimento 5 Stelle è irrilevante a livello locale e ridotto ad una forza politica nazionale di puro antagonismo, sempre più settaria e radicale.
Il tema è il Partito democratico, se ha ancora senso chiamarlo così. La versione di Elly Schlein del principale partito d’opposizione, senza il quale oggi non ha neppure senso parlare d’opposizione in Italia, è una rivoluzione copernicana dell’idea originale di Walter Veltroni (che nessuno ormai ricorda manco più…) e vive per continuare ad annegare e condannare l’esperienza riformista dell’innominabile Renzi e di tutti gli altri segretari che l’hanno preceduta.
Quella della Schlein è un’esperienza politica della più classica sinistra fatta di paroloni più che di parole, imperativi morali più che indirizzi politici. Di un’idea di superiorità che finisce per allontanare quella gran parte moderata del Paese che avrebbe voglia di un po’ di raziocinio, modernità e flessibilità nella proposta politica.
Lo dicono i numeri, non lo diciamo noi che la Schlein non riesce a parlare se non ai suoi, sempre gli stessi.
Quelli fra cui però si aggirano anche pentastellati, verdi e sinistra, Landini e così via.
Se qualcuno pensa di poter vincere le elezioni su questa base, recita un atto di fede.
Avviso ai naviganti, per concludere: in Toscana trionferà Giani, in Puglia vincerà il centrosinistra e in Campania più che altro bisognerà stare attenti alle percentuali e “all’effetto Fico“, candidato 5 Stelle scelto dalla Schlein in funzione anti- De Luca e “Pd di prima“. In linea di massima andrà così: vinci dove hai vinto e perdi dove hai perso, nulla cambia.
Se leggerete, come è probabile che leggerete e ascolterete, di un 3-3 e magari persino “in rimonta“ avrete la prova provata di ciò che abbiamo appena detto e di una brutta sensazione generale: in democrazia, un’opposizione debole è una pessima notizia.
Cercherà sempre più la forza della piazza, dove è improbabile convergano quelle amplissime fasce di moderati, non ideologizzati e non ultras che restano il cuore di qualsiasi moderna liberaldemocrazia.
Di Fulvio Giuliani
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