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Il condominio, lo specchio dell’Italia

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C’è un curioso destino che accomuna il condominio e lo Stato: entrambi nascono per gestire beni comuni, entrambi dovrebbero confrontarsi sulla responsabilità individuale ed entrambi finiscono spesso per trasformarsi in un sistema in cui qualcuno paga e qualcun altro ringrazia

Il condominio, lo specchio dell’Italia

C’è un curioso destino che accomuna il condominio e lo Stato: entrambi nascono per gestire beni comuni, entrambi dovrebbero confrontarsi sulla responsabilità individuale ed entrambi finiscono spesso per trasformarsi in un sistema in cui qualcuno paga e qualcun altro ringrazia

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Il condominio, lo specchio dell’Italia

C’è un curioso destino che accomuna il condominio e lo Stato: entrambi nascono per gestire beni comuni, entrambi dovrebbero confrontarsi sulla responsabilità individuale ed entrambi finiscono spesso per trasformarsi in un sistema in cui qualcuno paga e qualcun altro ringrazia

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C’è un curioso destino che accomuna il condominio e lo Stato: entrambi nascono per gestire beni comuni, entrambi dovrebbero confrontarsi sulla responsabilità individuale ed entrambi finiscono spesso per trasformarsi in un sistema in cui qualcuno paga e qualcun altro ringrazia. Se non finirà per essere cestinato prima ancora di concretizzarsi (viste le critiche che ha sollevato un po’ ovunque), il progetto di legge presentato da Fratelli d’Italia quale grande riforma di trasparenza e professionalità rischia invece di raccontare una storia che in Italia conosciamo fin troppo bene: se non paghi tu, pagherà qualcun altro.

Partiamo dall’amministratore, figura che la riforma eleva a un rango quasi costituzionale. Laurea obbligatoria (anche solo triennale) in discipline economiche, giuridiche o tecnico-scientifiche. Nulla contro lo studio, anzi, la competenza è sempre una buona amica; però dobbiamo fare attenzione a non confondere il titolo con la responsabilità. La professionalità non nasce da un pezzo di carta, bensì dalla chiarezza delle regole e dalla certezza che chi sbaglia paga. Senza questo anche il miglior laureato diventa un parafulmine, non un garante.

Il capitolo contante merita poi una parentesi a parte. L’idea che le spese condominiali possano essere pagate in contanti è già oggi più folkloristica che reale. L’immagine dei condòmini che si presentano con rotoli di banconote per saldare le spese di riscaldamento, luce e giardiniere appartiene più al cinema criminale che alla vita reale. Rendere obbligatorio il passaggio tramite conto corrente condominiale non sarebbe una rivoluzione ma una semplice presa d’atto. In questo contesto il pagamento in contante è già un’anomalia e proprio per questo provare a legiferare su una pratica che praticamente non esiste sarebbe una forzatura inutile.

Ma il cuore politico – e culturale, se vogliamo – della riforma è altrove. Sta nella gestione della morosità. Qui il condominio diventa lo specchio perfetto del nostro Paese. I tempi di recupero si allungano, le azioni non scattano più automaticamente e si concede respiro a chi non paga. Un linguaggio che contiene parole nobili, se non fossero da decenni il lessico con cui giustifichiamo l’irresponsabilità.

Ed ecco il colpo finale, quello che davvero cambia l’equilibrio: i fornitori potranno rivalersi sul conto condominiale, il che è positivo per loro. Ma diventa un problema se, alla fine, a pagare sono sempre e soltanto i condòmini in regola. In pratica il sistema continua a funzionare anche quando qualcuno non paga, perché troverà sempre qualcun altro che coprirà per lui. È la stessa dinamica che vediamo nello Stato sociale deformato che abbiamo costruito: tasse non versate, debiti accumulati e conti pubblici ‘salvati’ chiedendo sacrifici a chi già paga. In questo modo si finisce per premiare chi non rispetta gli impegni, a scapito di chi invece li onora.

Il messaggio che passa è devastante perché è lo stesso che lo Stato italiano ha insegnato per anni ai propri cittadini, ossia che c’è sempre un contribuente, un virtuoso, il dirimpettaio (in questo caso) che, volente o nolente, coprirà il buco. Nel condominio come nel Paese. E questa non è solidarietà: è deresponsabilizzazione istituzionalizzata. La solidarietà presuppone una scelta, ma qui ci troviamo di fronte a un obbligo imposto a chi rispetta le regole per compensare chi le ignora.

Le lauree obbligatorie, i conti tracciati e le procedure morbide rischiano di essere soltanto un contorno poco condito. Forse un condominio più ordinato sulla carta, ma sempre più simile all’Italia di oggi. Un Paese in cui il conto, alla fine, lo pagano sempre gli stessi.

di Matteo Grossi

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