Il pacifismo facilone di Pd e M5S
Passano i decenni, ma una certezza resta: una quota consistente di forze politiche sarà sempre pronta a invocare il pacifismo dei fiori nei cannoni. Per raggranellare un po’ di consenso facile e voltare le spalle alla realtà
Il pacifismo facilone di Pd e M5S
Passano i decenni, ma una certezza resta: una quota consistente di forze politiche sarà sempre pronta a invocare il pacifismo dei fiori nei cannoni. Per raggranellare un po’ di consenso facile e voltare le spalle alla realtà
Il pacifismo facilone di Pd e M5S
Passano i decenni, ma una certezza resta: una quota consistente di forze politiche sarà sempre pronta a invocare il pacifismo dei fiori nei cannoni. Per raggranellare un po’ di consenso facile e voltare le spalle alla realtà
Passano i decenni, ma una certezza resta: una quota consistente di forze politiche sarà sempre pronta a invocare il pacifismo dei fiori nei cannoni. Per raggranellare un po’ di consenso facile e voltare le spalle alla realtà
Vale proprio la pena riflettere sul sempre risorgente pacifismo assolutista in Italia. Passano i decenni, ma una certezza resta: una quota consistente di forze politiche sarà sempre pronta a invocare la pace dei fiori nei cannoni. Per raggranellare un po’ di consenso facile e voltare le spalle alla realtà. Per antichi riflessi mai morti o il più delle volte per banali calcoli tattici.
La saldatura di oggi fra la gran parte dell’opposizione e un pezzo non irrilevante della maggioranza su un confuso pacifismo è stupefacente solo se facciamo finta di non ricordare quale sia stata per decenni la storia della politica italiana in materia. Quando le strade e le piazze si riempivano di cortei di pacifisti, di bandiere rosse e pugni alzati. Il nemico era l’Amerika, il militarismo e l’imperialismo a stelle e strisce.
Si inneggiava alla galera cielo aperto del socialismo reale con l’animo candido e la coscienza leggera, perché – a parte una quota minima di estremisti senza speranza – tutti sapevano che era proprio quel detestato ombrello difensivo americano a consentir loro di poter andare a urlare nelle piazze. Senza rischiare nulla se non l’ugola.
Lo ha rivendicato in questi giorni l’ineffabile Massimo D’Alema, raccontandoci tutta la sua nostalgia per i tempi delle contestazioni all’Amerika. Sostiene oggi che avevano ragione allora, confermando che ci aveva capito poco allora e meno oggi.
Nell’opposizione (e nella Lega dall’altra parte, ma oggi voglio concentrarmi su Pd e M5S), che fare? Cosa dire? Invece di imporsi ragionamenti determinati dalla realtà fattuale, da un rapporto fra Usa ed Europa che minaccia di cambiare a medio e lungo termine, tutto quello che si è riusciti a partorire è una riproposizione degli schemi e delle parole d’ordine dell’era dei blocchi.
Giusto una rinfrescatina semantica, per non apparire dei refusi degli anni Settanta e via. Le stesse teorie a base di disarmo virtuoso, colombe che volano, retorica facile e qualunquista sui danni storici del militarismo. Come se la Russia non esistesse, la guerra d’aggressione in Ucraina fosse un brutto sogno, il disimpegno americano un fraintendimento. Tutto cancellato, sull’altare delle parole più facili e scontate, della fuga un po’ vigliacca dalle responsabilità e da quelle stesse roboanti espressioni di fratellanza riservate per tre anni a un popolo martoriato.
Ma sì, mettiamoli sti benedetti fiori nei cannoni e opponiamo alla politica delle minacce, delle umiliazioni sistematiche e dei muscoli un bel girotondo e qualche canzone al chiar di luna.
Come detto, nella maggioranza c’è la Lega su posizioni ultra trumpiane. Sta di fatto che a Palazzo Chigi sembra prevalere la coscienza del momento e il realismo. Pur con tutti i dubbi sul piano di Ursula von der Leyen e la posizione ai limiti dell’impossibile della presidente del Consiglio, si ragiona di cifre, investimenti, opportunità militari che sono anche politiche. Potrebbe andare ben peggio.
Di Fulvio Giuliani
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