Skip to main content
Scarica e leggi gratis su app

Il piano per il futuro c’è, ora la politica lo applichi

|

Un piano delle cose da farsi, in Unione europea, c’è. Si è assai meno divisi di quel che si va raccontando. Si tratta solo di spianare la strada e farlo passare da progetto a opera.

piano-futuro-europa

Il piano per il futuro c’è, ora la politica lo applichi

Un piano delle cose da farsi, in Unione europea, c’è. Si è assai meno divisi di quel che si va raccontando. Si tratta solo di spianare la strada e farlo passare da progetto a opera.

|

Il piano per il futuro c’è, ora la politica lo applichi

Un piano delle cose da farsi, in Unione europea, c’è. Si è assai meno divisi di quel che si va raccontando. Si tratta solo di spianare la strada e farlo passare da progetto a opera.

|

Un piano delle cose da farsi, in Unione europea, c’è. Si tratta di spianare la strada e farlo passare da progetto a opera. Non solo non è vero che siamo impotenti e soltanto divisi, ma non è neanche vero che l’impostazione della presidenza Trump fosse inattesa. Forse non era prevedibile che i toni fossero quelli e che vi fosse così poco ritegno nel dire bugie. Ma il quadro era talmente prevedibile da essere stato previsto. La difesa assicurata dall’ombrello americano, le materie prime energetiche a basso costo e il mercato cinese sia come sbocco che come produttore in conto terzi avevano caratterizzato una lunga e prospera stagione. Destinata a cambiare radicalmente. Tutto scritto, basta andare a leggere.

Non so quanti lo abbiano fatto veramente, ma non è questo il punto. Come non lo è, naturalmente, accoglierne l’autore – Mario Draghi – al Parlamento europeo e chiedergli cosa dobbiamo fare. «Fate qualcosa» è stata la risposta, dopo di che incombeva il pranzo. Una cosa che quei parlamentari potrebbero fare è leggere il piano, senza cercare riassuntini. Non si tratta di glorificare Draghi – molte delle prescrizioni appartengono al mondo del buon senso e altre sono già in cantiere, senza che si arrivi a conclusione – ma di accorgersi che in quelle carte è contenuto un programma che potrebbe benissimo essere quello di un governo di destra che non sia reazionario. O di uno di sinistra che non sia rivoluzionario (ammesso si ricordino di quando sostenevano, infondatamente, di esserlo).

La necessità di dimensioni europee per aziende e banche – in modo da avere la massa critica per investire in ricerca e sviluppo, innovare e competere – è riconosciuta da tutti e praticata da nessuno. Guardate quel che avviene nel settore bancario. Sappiamo tutti che la difesa comunque è prima di tutto industria comune della difesa. Il che aiuta ad aumentare la spesa puntando a far crescere il settore produttivo. Quindi anche la ricchezza, i posti di lavoro e le ricadute civili della tecnologia militare. Se guardiamo nei nostri cassetti e nel groviglio di fili è facile accorgersi della necessità di standardizzare e unificare. Quindi di disporre di regole che favoriscano la competizione fra prodotti e non di ostacoli che la rendano più costosa (anziché il contrario) per i consumatori. E così via, lo capiscono tutti. Ma non lo fa nessuno. Perché?

Perché Draghi, con tutto il rispetto, è bravo ma non conta niente. Lo si è visto anche dentro il cortile di casa nostra: gli si affida il governo, si constata che funziona e da quello si fa discendere non la convenienza di tenerselo, ma l’urgenza di mandarlo via. Capita perché la politica parla da troppi anni un dialetto provinciale, con il quale costruisce concetti e slogan perdenti. Perché la raccolta del consenso ha divorziato dalla messa a punto delle proposte e della rappresentanza degli interessi, accoppiandosi con la caciara di andare appresso a tutti senza soddisfare nessuno. Perché i politici provano a costruirsi un futuro cancellandolo dall’orizzonte della politica.

In questo modo la politica perde la sua funzione pedagogica, non prova a far comprendere le proprie idee – opportunamente diverse le une dalle altre – ma si sforza di comprendere quali sono quelle più banali e diffuse per poterle cavalcare. Un mestiere umiliante che esalta il barcamenarsi.

Ma la stagione è cambiata, quello che era stato previsto è avvenuto e ci ritroviamo con una coalizione di governo e una coalizione che si candida a esserlo che sono prive di omogeneità in politica estera. Al tempo stesso si riconosce che il contenuto del piano è condivisibile e intanto al tavolo della difesa europea torna il Regno Unito, una delle due potenze nucleari del Continente.

Il piano c’è, eccome. Si è assai meno divisi di quel che si va raccontando. Sono le forze politiche europee che devono decidere se caricarsi l’onere e l’onore di realizzare il pianificato o lasciarsi spianare dalla progressiva irrilevanza del vaniloquio.

Di Davide Giacalone

La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

Leggi anche

Referendum sia, sperando di non raggiungere il quorum

03 Maggio 2025
Il selfie di Maurizio Landini per invitare a votare ai referendum del prossimo giugno è un signi…

Il 25 aprile, le dichiarazioni di Musumeci e la Storia

25 Aprile 2025
Un po’ tutti hanno detto la loro sulla “sobrietà” invocata a sproposito da un ministro della Rep…

25 aprile, Mattarella cita Papa Francesco. Meloni: “Onoriamo i valori democratici negati dal fascismo”. Cortei in tutta Italia, a Milano “in oltre 90mila”

25 Aprile 2025
“La democrazia trova forza e vigore se si fonda sul rispetto dell’altro, sul confronto e sulla l…

25 aprile, 80 anni della Liberazione. Mattarella all’Altare della Patria – IL VIDEO

25 Aprile 2025
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, depone una corona d’alloro durante la cerimon…

Iscriviti alla newsletter de
La Ragione

Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.

    LEGGI GRATIS La Ragione

    GUARDA i nostri video

    ASCOLTA i nostri podcast

    REGISTRATI / ACCEDI