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Il ruolo di Scalfaro e l’ostilità verso Berlusconi

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Quanto accaduto trent’anni fa, nel rapporto Scalfaro-Berlusconi, si inserisce nel filone degli eventi che segnarono la rivoluzione di Mani Pulite

Il ruolo di Scalfaro e l’ostilità verso Berlusconi

Quanto accaduto trent’anni fa, nel rapporto Scalfaro-Berlusconi, si inserisce nel filone degli eventi che segnarono la rivoluzione di Mani Pulite

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Il ruolo di Scalfaro e l’ostilità verso Berlusconi

Quanto accaduto trent’anni fa, nel rapporto Scalfaro-Berlusconi, si inserisce nel filone degli eventi che segnarono la rivoluzione di Mani Pulite

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Che un Presidente della Repubblica convochi al Quirinale i due più alti rappresentanti della Chiesa cattolica (dopo il papa) per chiedere loro un aiuto per defenestrare un presidente del Consiglio che ha una maggioranza democraticamente eletta, si configura come un’indebita ingerenza del Quirinale o come un vero e proprio tentativo di golpe. Quanto è accaduto trent’anni fa s’inserisce in quel filone di ricostruzione storica degli eventi che segnarono il periodo della cosiddetta ‘rivoluzione’ di Mani pulite e che non fu affatto tale, non fu ‘vera gloria’ ma uno scempio mediatico e istituzionale con burattini vari manovrati dall’alto, molti dei quali ancora non scoperti.

Il capo dello Stato era Oscar Luigi Scalfaro, i due alti prelati erano il cardinale Camillo Ruini (presidente della Cei) e il cardinale Angelo Sodano (segretario di Stato). Di quell’incontro al Quirinale, con l’obiettivo del presidente Scalfaro di chiedere un aiuto al Vaticano per abbattere Silvio Berlusconi e la maggioranza che aveva vinto le elezioni, ha parlato nei giorni scorsi lo stesso Ruini in un’intervista rilasciata a Francesco Verderami sul “Corriere della Sera”.

Ho conosciuto il cardinale Ruini e ne ho sempre apprezzato le qualità. Al collega Verderami ha raccontato la sua reazione alla richiesta di Scalfaro: «Io e Sodano rimanemmo in silenzio imbarazzato. La nostra decisione di opporci fu unanime». Scalfaro non si muoveva in autonomia per antipatia personale verso Berlusconi. Agiva sotto la spinta di alcuni notabili dei resti della disciolta Dc che incolpavano Berlusconi di avere rubato loro i voti alle elezioni e, soprattutto, lo consideravano un «pericolo per la democrazia».

Ruini è molto duro nel valutare il periodo della pseudo rivoluzione giudiziaria: «Il giudizio era e resta negativo. Emersero problemi di legalità, ero sconcertato nel constatare gli sconfinamenti di potere e quel meccanismo unilaterale in base al quale c’era chi veniva salvato e chi no». Parole come pietre.

Ci si potrebbe chiedere perché il cardinale Ruini ne parli solo a trent’anni di distanza e perché queste affermazioni non abbiano trovato giusta eco, a parte l’intervista al “Corriere della Sera”. Però giova ricordare che fu lo stesso Scalfaro a telefonare al procuratore capo di Milano, Francesco Saverio Borrelli, affinché intervenisse seduta stante su Antonio Di Pietro che si trovava negli uffici di Roma dell’avvocato Cesare Previti per accogliere la proposta di Berlusconi di diventare ministro della compagine governativa che si andava formando. La telefonata al pm simbolo di Mani pulite da parte di Borrelli su richiesta del Quirinale aveva lo scopo, effettivamente ottenuto, di bloccare quell’iniziativa. C’è ancora molto da scavare in quegli anni per passare dalla cronaca agiografica alla Storia.

di Andrea Pamparana

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