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Indifferenza e partecipazione (per Totti e Ilary)

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Mentre la politica non sviluppa strategie favorevoli al benessere comune, tutto il Paese è distratto a guardare la vicenda Totti e Ilary.

Indifferenza e partecipazione (per Totti e Ilary)

Mentre la politica non sviluppa strategie favorevoli al benessere comune, tutto il Paese è distratto a guardare la vicenda Totti e Ilary.
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Indifferenza e partecipazione (per Totti e Ilary)

Mentre la politica non sviluppa strategie favorevoli al benessere comune, tutto il Paese è distratto a guardare la vicenda Totti e Ilary.
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Diciamo la verità, non se ne può più. Non di questo o quel partito, di leader X o Y variamente impegnati a mostrare muscoli (invero, non di rado flaccidi) e a piantare inutili bandierine. Non se ne può più della scarsa considerazione della realtà, di una politica che in uno dei passaggi potenzialmente più drammatici della storia recente il meglio che riesce a fare è riscoprire antiche parole d’ordine – la “verifica“! – ed esercitare il sempiterno potere della minaccia. Ieri, a “riempire le tasche“ del presidente del Consiglio Mario Draghi, per usare la sua stessa espressione, è stato ancora una volta il Movimento Cinque Stelle, ma all’orizzonte già si staglia la Lega desiderosa di non essere da meno. Che dire, poi, di Silvio Berlusconi e della sua richiesta, come detto, di una verifica in pienissimo stile Prima Repubblica? Proprio lui, l’uomo che tuonò una vita contro i mestieranti della politica. La sconfortante certezza è l’assoluta mancanza di una strategia, di un interesse che vada oltre la punta del proprio naso. Proprio ieri, prima di salire al Colle, Draghi ha ricordato il quarantennale del Mundial ‘82, scrivendo ai protagonisti di quella fantastica cavalcata e sottolineando l’immortale spirito di squadra che lo animò. Non è difficile intravedere l’umanissima nostalgia per un superiore senso del dovere. Come se non bastasse (rispettosamente si scherza), nelle stesse ore naufragava ufficialmente la coppia Totti-Ilary Blasi. 17 anni di glamour, simpatia, tre figli difesi in modo sacrosanto dalla morbosità altrui, intelligente autoironia che li candidò per un breve istante a essere i ‘Sandra e Raimondo’ del III millennio. È finita e ieri il Paese non ha parlato d’altro, mentre fuori dei palazzi della politica praticamente nessuno si occupava del tragicomico penultimatum di fatto di Giuseppe Conte, in un pericoloso gioco del ‘al lupo, al lupo’. Del resto, nella storia del fu Pupone e dell’ormai quasi ex moglie possiamo ritrovarci in tanti, con tutte le debolezze, i sogni che se ne vanno, le foto di quando si fu felici (e anche meno, come in quel giorno di incredibile partecipazione popolare che fu l’addio al calcio di Francesco). Una partecipazione emotiva riservata a pochi che merita rispetto. Di Fulvio Giuliani

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