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Israele, la sponda degli Emirati Arabi, per frenare le mire iraniane

Gli Stati Uniti non hanno una posizione chiara sull’Iran, Israele va negli Emirati Arabi ma teme di rimanere solo a combattere contro Teheran.
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Gerusalemme – Il Dipartimento di Giustizia americano ha annunciato la scorsa settimana che gli Stati Uniti fra il 2019 e il 2020 hanno confiscato un enorme carico d’armi provenienti dall’Iran (171 missili terra-aria e otto missili anticarro) e 1,1 milioni di barili di prodotti petroliferi.

Il carico d’armi, trovato su due «navi senza bandiera» nel Mar Arabico, era destinato agli Houthimanus longa dell’Iran in Yemen. I prodotti petroliferi, invece, sequestrati da petroliere battenti bandiera straniera, erano in rotta verso il Venezuela.

«Il successo annunciato dal Dipartimento di Giustizia rappresenta un’altra significativa vittoria nel contrasto delle nefaste attività criminali del regime iraniano e del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica» ha affermato l’agente speciale Ray Villanueva.

«Le azioni condotte [dagli Stati Uniti] dimostrano che non importa dove nel mondo l’Iran tenti di violare le sanzioni e armare entità pericolose, il Dipartimento della sicurezza interna è pronto a interrompere le attività iraniane e a difendere la sicurezza nazionale degli Stati Uniti».

La notizia arriva proprio mentre continuano i negoziati sul nucleare fra Iran e Usa. Il fatto curioso però è che, mentre il Dipartimento di Giustizia americano pubblica un annuncio simile a una dichiarazione di guerra contro l’Iran, l’amministrazione Biden sostiene invece di essere disponibile a trovare un accordo con Teheran.

C’è infatti chi sostiene che nell’amministrazione americana vi siano due correnti di pensiero opposte sulla questione nucleare iraniana. Se il “New York Times” ha scritto che tra gli Stati Uniti e Israele ci sono forti contrasti sull’approccio verso l’Iran, a giudizio del “Jerusalem Post” i due Paesi sono invece sempre più vicini nella loro posizione contro la Repubblica islamica.

Alcuni analisti sostengono inoltre che le lotte interne all’amministrazione americana siano sempre più evidenti e che non riguarderebbero soltanto la questione iraniana, ma anche le politiche da adottare in Paesi come il Libano o il Sudan.

Secondo i media americani, infatti, l’inviato speciale per il Corno d’Africa Jeffrey Feltman vorrebbe punire i generali sudanesi per il recente colpo di Stato, mentre l’assistente del segretario di Stato per l’Africa Molly Phee spinge per una linea più morbida nei confronti dell’esercito sudanese.

Intanto Israele vuole coordinarsi militarmente con Washington per essere pronto a rispondere a una probabile escalation militare da parte dei proxies dell’Iran. La scorsa settimana, infatti, Hamas ha annunciato l’intenzione di voler ricominciare gli attacchi missilistici contro Israele.

Domenica il primo ministro israeliano Naftali Bennett è pertanto andato negli Emirati Arabi, probabilmente per trovare supporto nell’eventualità di un attacco contro l’Iran.

Abu Dhabi cerca però di mantenere un profilo basso. Gli Stati Uniti infatti sembrano essere assenti e i leader emiratini non vogliono ritrovarsi, senza protezione, a essere bersaglio dell’Iran. Il capo consigliere emiratino per la sicurezza, Sheikh Tahnoon bin Zayed Al Nahyan, è persino andato la scorsa settimana a Teheran in visita ufficiale.

La stessa Arabia Saudita sta seguendo l’esempio degli Emirati Arabi e sta cercando di trovare accordi economici e diplomatici con Teheran, nonostante la capitale saudita Riyadh sia stata nuovamente attaccata da missili lanciati dagli Houthi. A questo punto, Israele spera di non rimanere a combattere da solo contro il regime della Repubblica islamica dell’Iran.

di Anna Mahjar-Barducci

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