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Italia e Francia, gli interessi davanti alle simpatie (e antipatie)

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Italia e Francia non hanno alcun motivo reale, inteso come strategico, per entrare in una competizione che possa sfociare in vere e proprie liti o, peggio, scontri

Italia e Francia

Italia e Francia, gli interessi davanti alle simpatie (e antipatie)

Italia e Francia non hanno alcun motivo reale, inteso come strategico, per entrare in una competizione che possa sfociare in vere e proprie liti o, peggio, scontri

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Italia e Francia, gli interessi davanti alle simpatie (e antipatie)

Italia e Francia non hanno alcun motivo reale, inteso come strategico, per entrare in una competizione che possa sfociare in vere e proprie liti o, peggio, scontri

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Italia e Francia non hanno alcun motivo reale, inteso come strategico, per entrare in una competizione che possa sfociare in vere e proprie liti. O, peggio, scontri.

La rivalità economica esiste e resiste. Il peso geopolitico di Parigi e Roma diventa concorrente in determinate aree del mondo e tutto quello che volete. Ma resta un dato di fatto. Gli interessi francesi e italiani – nello scacchiere internazionale di questo confuso e complesso avvio di III millennio – restano giocoforza vicini.

Pure se non dovessimo – per pura ipotesi – non volerlo.

Come nel caso della Germania, si veda il sacrosanto intervento della nostra diplomazia per sanare il “buco“ determinato dall’improvvida decisione della maggioranza del neo cancelliere Merz di escludere l’Italia dai partner strategici della Repubblica federale.

Una cosa che non esiste nella realtà europea (anche se questo non significa per noi italiani o per gli amici tedeschi muoverci fidandosi troppo dell’ineluttabilità della vicinanza reciproca).

Stesso discorso per Parigi. Ci si chiede, allora, cosa realmente allontani i due governi. Oltre il difficile rapporto interpersonale fra i leader Macron e Meloni, si intende.

Fatichiamo a trovare una risposta soddisfacente. E facciamo un esempio: Francia e Italia sono entrambi Paesi molto indebitati e hanno ogni interesse a gestire di comune accordo il tema con la Commissione europea.

Perché un conto è giocare al calcio o alimentare la sempiterna competizione fra due Paesi così simili e vicini. Altro è trasformare tutto questo in ostacoli reali a una collaborazione che nessuna persona agganciata alla realtà e al banale buon senso può considerare conveniente.

A meno che sul serio l’incomunicabilità interpersonale e la simpatia ‘relativa’ fra Presidente della Repubblica e presidente del Consiglio vengano tenute in maggior conto rispetto agli interessi reali dei Paesi.

Lo escludiamo e pertanto finiamola (anche con certe narrazioni di stampa) e andiamo avanti.

di Fulvio Giuliani

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