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Quanto successo tra i governi di Francia e Italia è un disastro diplomatico dalle ripercussioni che minacciano di andare ben oltre la questione migranti.
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Quanto successo tra i governi di Francia e Italia è un disastro diplomatico dalle ripercussioni che minacciano di andare ben oltre la questione migranti.
Un pasticciaccio brutto, un disastro diplomatico dalle ripercussioni che minacciano di andare ben oltre la questione migranti. Premettendo che la reazione francese è palesemente eccessiva (torneremo sul punto per provare a comprenderlo nella sua genesi), in questo imbuto ci siamo orgogliosamente ficcati da soli.  Lo abbiamo fatto per le esigenze di retorica e propaganda di taluni, illustrate tante volte anche in questa sede, che ora mettono nei guai un Paese intero. Urlare ai quattro venti “la musica è cambiata“, “difendiamo i confini“ – mentre dalle navi sbarcavano tutti, dicasi tutti, i migranti esattamente come previsto dagli osservatori non accecati dal tifo – ha spinto un partner per noi fondamentale e strategico in una condizione di profondo nervosismo, con le conseguenze che vediamo ora. Perché, eccoci a una possibile spiegazione della “furia“ francese, l’opinione pubblica non ce l’abbiamo solo noi. I sovranisti non li abbiamo solo noi. Quelli che urlano di confini da difendere, facce truci da mostrare ed emigrati da respingere non li abbiamo solo noi. Li ha anche Macron e pesano maledettamente. Risultato: il governo di Parigi ha deciso di fare la doppia faccia umanitaria e dura, accogliendo la ’Ocean Viking’, infliggendo un doppio colpo di immagine esostanza all’Italia. Bell’affare, dopo che il presidente francese aveva incontrato Giorgia Meloni a poche ore dal suo insediamento, gettando un ponte prezioso nella fase storica in cui l’indebolimento del rapporto tra Francia e Germania apriva spazi clamorosi per noi. L’ha sottolineato anche l’Eliseo nel durissimo comunicato di ieri, quando ha rimarcato lo “straordinario rapporto” che si era creato con il governo Draghi: come a dire, abbiamo i nostri problemi con Berlino, ma se a Roma la musica è questa – sarà pure cambiata – ma noi suoniamo con la Germania. Non stiamo parlando (solo) di migranti, parliamo di questioni fondamentali che definiranno il nostro futuro prossimo venturo. Sarebbe saggio non dimenticare quanto sia legato a doppio filo ai quattrini europei e alla cooperazione in seno all’Unione, visto che è già ripartito il balletto retorico contro l’Europa. Parigi commette i suoi errori, ma nei guai ci siamo messi da soli per continuare un’eterna campagna elettorale identitaria, non certo a vantaggio del lavoro della presidente del Consiglio. Giorgia Meloni farebbe bene a riflettere su chi stia guadagnando e perdendo in queste ore. Anche nella sua vulcanica maggioranza. di Fulvio Giuliani  

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