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L’Italia, gli Houthi, la Difesa e l’ipocrisia

Le difficoltà di parlare in modo maturo e consapevole dei temi legati alla Difesa in Italia si sono riproposte con l’attacco ai terroristi Houthi
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L’Italia, gli Houthi, la Difesa e l’ipocrisia

Le difficoltà di parlare in modo maturo e consapevole dei temi legati alla Difesa in Italia si sono riproposte con l’attacco ai terroristi Houthi
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L’Italia, gli Houthi, la Difesa e l’ipocrisia

Le difficoltà di parlare in modo maturo e consapevole dei temi legati alla Difesa in Italia si sono riproposte con l’attacco ai terroristi Houthi
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Le difficoltà di parlare in modo maturo e consapevole dei temi legati alla Difesa in Italia si sono riproposte con l’attacco ai terroristi Houthi
Scrivevamo qualche giorno fa della difficoltà di parlare in modo maturo e consapevole dei temi legati alla Difesa in Italia. Apparentemente un ostacolo insormontabile, in realtà legata solo a scarsa volontà e una buona dose di provincialismo. Il bombardamento statunitense e britannico contro le basi dei terroristi Houthi nello Yemen ha riaperto il dibattito. È stato più che sufficiente un lancio d’agenzia della Reuters (non esattamente l’ultima arrivata), che avrebbe raccolto le dichiarazioni di una fonte rigorosamente anonima del nostro governo. Secondo questa ultima, l’Italia si sarebbe rifiutata di prendere parte all’operazione militare contro i terroristi che rischiano di soffocare una delle rotte commerciali marittime più importanti al mondo. Classica notizia-non notizia, perfetta per rinfocolare grandi polemiche abbastanza fini a se stesse. Come è stato costretto a ricordare il nostro ministro degli Esteri Tajani, l’Italia – anche se l’avesse voluto – non avrebbe potuto partecipare a un’azione militare offensiva senza un voto del Parlamento. Quindi, ha poco senso parlare di “rifiuto“, quando molto più realisticamente il governo di Roma non avrebbe potuto acconsentire a una missione di questo tipo senza renderla all’istante nota al mondo intero attraverso la richiesta di un voto alle Camere. Così ci ritroviamo con le solite polemiche e la nota di ieri sera in cui si esprime appoggio politico ai bombardamenti angloamericani. Il nostro Paese, lo ricordiamo, partecipa alla missione nel Golfo Persico e nel Mar Rosso a protezione delle navi mercantili, con una fregata e presto con una seconda unità, inviate a protezione delle rotte commerciali dirette al Canale di Suez. Politicamente non ci possono essere dubbi sul posizionamento dell’Italia in questa brutta storia di terrorismo eterodiretto dall’Iran, che da un punto di vista economico può avere ricadute estremamente pesanti per le nostre aziende e l’intero comparto produttivo italiano. Non abbiamo lanciato missili e, come spiegato poco sopra, non avremmo potuto mai farlo in un’azione a sorpresa. Resta il problema di fondo: ogni qualvolta anche solo si ipotizzi l’uso della forza militare per difendere direttamente o indirettamente i nostri interessi vitali, si finisce per affogare nei distinguo, nelle ipocrisie, nel buonismo e pacifismo di facciata. Poi le fabbriche non ricevono componenti, ma contro gli Houthi potremmo mandare le canoe… di Fulvio Giuliani  La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

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