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L’inchiesta penale sul disastro aereo di Ustica

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Prosegue l’esame in tribunale delle opposizioni contro le richieste di archiviazione della presente inchiesta penale sul disastro aereo di Ustica del 27 giugno 1980. Un caso tuttora irrisolto

Ustica

L’inchiesta penale sul disastro aereo di Ustica

Prosegue l’esame in tribunale delle opposizioni contro le richieste di archiviazione della presente inchiesta penale sul disastro aereo di Ustica del 27 giugno 1980. Un caso tuttora irrisolto

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L’inchiesta penale sul disastro aereo di Ustica

Prosegue l’esame in tribunale delle opposizioni contro le richieste di archiviazione della presente inchiesta penale sul disastro aereo di Ustica del 27 giugno 1980. Un caso tuttora irrisolto

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Prosegue, a intervalli e un po’ in sordina, l’esame in tribunale delle opposizioni contro le richieste di archiviazione della presente inchiesta penale sul disastro aereo di Ustica del 27 giugno 1980. Un caso tuttora irrisolto. Nell’udienza di venerdì scorso fra le persone offese è stato incluso anche lo Stato italiano. Si riprenderà a marzo. Nel frattempo, si può fare il punto della situazione.

Il disastro aereo di Ustica e la formazione di due partiti

Tra i periti tecnici, i politici, i giornalisti, gli studiosi e persino i familiari delle vittime si sono formati due partiti. Quello della battaglia aerea e quello della bomba. Anni fa il procedimento penale contro gli ufficiali dell’Aeronautica Militare Italiana, accusati di avere taciuto che la caduta del Dc-9 Itavia era stata causata da una battaglia aerea, si concluse con una pioggia di assoluzioni. Fu respinta la tesi della battaglia, ma non fu sposata neppure l’ipotesi alternativa dell’esplosione di un ordigno a bordo. In seguito, il procedimento civile per risarcimento danni nei confronti della compagnia Itavia rispolverò invece l’idea della battaglia aerea bocciata dai giudici penali. E perciò condannò lo Stato italiano a pagare.

Una seconda inchiesta penale è stata poi affidata al pm Erminio Amelio. Scelta proceduralmente legittima. Ma non si può ignorare che Amelio era stato rappresentante dell’accusa nel primo processo penale (in cui aveva prevalso la difesa) e coautore nel 2005 insieme ad Alessandro Benedetti di un volume, “IH870 il volo spezzato” (Editori Riuniti), nel quale si sosteneva la versione della battaglia aerea. Dato che secondo le procedure va bene così, forse nelle procedure qualcosa non va.

Ustica, come c’era da aspettarsi, Amelio ha rilanciato il discorso della battaglia aerea.

Come c’era da aspettarsi, Amelio ha rilanciato il discorso della battaglia aerea. Si è richiamato alla sentenza/ordinanza di Rosario Priore depositata nel 1999, «tale da soddisfare su ogni aspetto la ricostruzione di quanto accaduto al Dc9 Itavia», sicché «le nuove indagini non hanno smentito né l’impianto contenutistico dell’ordinanza/sentenza né le conclusioni alle quali è pervenuto, all’epoca, il giudice istruttore», anzi le confermano aggiungendovi qualche «ulteriore tassello» marginale. Con buona pace dei giudici penali, che smentirono in toto la quasi-collisione in battaglia aerea prospettata da Priore.

Amelio non dà inoltre peso alle incompatibilità tra l’ipotesi di un missile e l’ipotesi di quasi-collisione o tra la datazione della caduta del Mig libico nella Sila il 18 luglio anziché il 27 giugno. Malgrado queste forti convinzioni sulla verità della battaglia aerea, la magrezza delle nuove acquisizioni fatte da lui stesso dal 2008 al 2025 è stata tale da suggerirgli di archiviare l’esposto presentato dall’associazione di Daria Bonfietti, che avrebbe voluto continuare sulla traccia di Priore.

Sull’esposto Cavazza, che invece punta verso la bomba, Amelio è severo

Sull’esposto Cavazza, che invece punta verso la bomba, Amelio è severo. Egli contesta le argomentazioni tecnico-scientifiche addotte, muovendo critiche invero già note ai tempi dei procedimenti precedenti. Nega il «presunto movente libico/palestinese» di un attentato a bordo, sostenendo fra l’altro che il “Lodo Moro” non prevedeva immunità per le eventuali azioni terroristiche arabe e che la crisi dell’accordo voluta nel 1979 dall’Italia – cui il Fronte popolare per la liberazione della Palestina aveva reagito con gravi minacce – era stata superata grazie alla “Dichiarazione di Venezia sul Medio Oriente” approvata dalla Comunità europea a metà giugno 1980. Sono affermazioni in conflitto con le fonti e con le interpretazioni storiografiche poggianti su di esse: il gup Sabatini le avallerà?

di Vladimiro Satta

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