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La destra è forte anche dopo la Sardegna

La destra è forte anche dopo la Sardegna

Il Paese non ha voltato le spalle alla destra anche se qualche nuvola si va addensando in un orizzonte che potrebbe non essere così lontano
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Il Paese non ha voltato le spalle alla destra anche se qualche nuvola si va addensando in un orizzonte che potrebbe non essere così lontano
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Il Paese non ha voltato le spalle alla destra anche se qualche nuvola si va addensando in un orizzonte che potrebbe non essere così lontano
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Il Paese non ha voltato le spalle alla destra anche se qualche nuvola si va addensando in un orizzonte che potrebbe non essere così lontano
Calma ragazzi, la destra è forte anche dopo la sconfitta in Sardegna. Le sue liste non sono andate male, tranne la Lega. Le opposizioni hanno ancora molto da pedalare e difficilmente una rondine fa primavera. Il Paese non ha voltato le spalle alla destra anche se qualche nuvola si va addensando in un orizzonte che potrebbe non essere così lontano. E allora bisogna vedere bene cosa c’è dietro il campanello d’allarme che è suonato domenica per i partiti della maggioranza di governo, sapendo distinguere i fattori occasionali da quelli più di sostanza. E allora va detto che Giorgia Meloni è stata anche sfortunata – il “fattore C” conta in politica, eccome se conta – ed è arrivata al voto sardo nelle condizioni peggiori. Costretta a scartare Christian Solinas (unfit), ha scelto l’unico candidato che aveva sottomano, mai più pensando che Paolo Truzzu, il sindaco di Cagliari, fosse detestato proprio a Cagliari: di solito avviene il contrario. Le è scoppiato fra le mani il piccolo ma rumoroso petardo del terzo mandato che ha scatenato la ritorsione di Matteo Salvini, perché è chiaro che la Lega non ha sostenuto Truzzu come avrebbe dovuto. Ha subìto la dolorosissima bacchettata sulle nocche da parte di Sergio Mattarella a proposito dei manganelli di Pisa, un fattaccio che già di suo non le ha certo portato popolarità. Ha sottovalutato la resilienza elettorale del Pd e la forza della candidatura di Alessandra Todde. Ha sbagliato a fare un comiziaccio con la faccina ironica, le smorfie, le battute che non fanno ridere, il tutto amalgamato nell’impasto di un tono arrogante. Infine, le ha detto male perdendo per alcune migliaia di voti. Ecco, questi sono grossomodo gli ‘accidenti’ che spiegano la sconfitta della presidente del Consiglio. Ma poi c’è un dato più di fondo che potrebbe avere un peso alle elezioni europee e cioè la scarsezza di risultati concreti nell’azione di governo. Intendiamoci, la situazione non è facile per nessun governo al mondo. E non si può pretendere la luna dopo solo un anno e mezzo. Però è proprio il contrasto fra la mancanza di risultati concreti e l’ostentata arroganza della presidente del Consiglio che può dare fastidio non solo e non tanto ai suoi elettori quanto a tante persone che possono tornare a votare contro di lei. E all’arroganza personale, caratteriale di Meloni va aggiunta l’inconsistenza del gruppo dirigente di FdI e del personale di governo, sicché lei appare tremendamente sola in mezzo ai suoi errori. In fondo la scommessa di Elly Schlein è tutta qui: far tornare ai seggi quelli che cominciano a dubitare del governo Meloni e soprattutto a non considerare Giorgia come imbattibile. Per lei certo non tutto è perduto. Ma qualcosa è cambiato. di Mario Lavia

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