Le riforme a costo zero non esistono, quindi un governo che voglia riformare non potrà mai accontentare tutti. Nel caso italiano i versanti sono tre: quello politico, quello sindacale e quello imprenditoriale.
Il versante politico, non sembri un paradosso, è per adesso quello che sulle riforme in cantiere sta dando meno grattacapi al presidente del Consiglio; basti pensare che anche la Lega di Matteo Salvini non sta alzando le barricate sulla questione del superamento di Quota 100 (di cui aveva fatto una bandiera).
Meno semplice è la partita con i sindacati, che hanno già dichiarato di essere pronti allo sciopero e contestano le modalità di superamento di Quota 100 ipotizzate sinora dal governo nell’ambito della riforma delle pensioni. La decisione presa dall’esecutivo di incontrare le organizzazioni sindacali e di mediare è senza dubbio un segnale di ragionevolezza purché questa scelta non si trasformi in una mediazione permanente. Una volta confrontate le posizioni di partenza e cercato un possibile punto di incontro, il governo ha infatti il dovere (e non soltanto il diritto) di andare avanti con la riforma che ha scelto e di approvarla.
Fermarsi per smussare tutte le differenze tra governo e sindacati sarebbe sbagliato (e siamo convinti non accadrà), sia perché i tempi stretti non lo consentono sia perché farlo darebbe un segnale, a chi guarda l’Italia da fuori, di incertezza sul da farsi. Una stagione riformista, se vuole andare avanti e durare, non può permettersi il lusso dell’unanimismo.
di Massimiliano Lenzi
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