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La nuova dottrina Ue contro la minaccia russa

La nuova fase storica dell’Unione Europea, definita “nuova dottrina Ue“, si basa su due pilastri: il cambiamento copernicano dei rapporti con Mosca dopo l’aggressione all’Ucraina e l’integrazione della spesa militare europea.
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La nuova dottrina Ue contro la minaccia russa

La nuova fase storica dell’Unione Europea, definita “nuova dottrina Ue“, si basa su due pilastri: il cambiamento copernicano dei rapporti con Mosca dopo l’aggressione all’Ucraina e l’integrazione della spesa militare europea.
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La nuova dottrina Ue contro la minaccia russa

La nuova fase storica dell’Unione Europea, definita “nuova dottrina Ue“, si basa su due pilastri: il cambiamento copernicano dei rapporti con Mosca dopo l’aggressione all’Ucraina e l’integrazione della spesa militare europea.
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La nuova fase storica dell’Unione Europea, definita “nuova dottrina Ue“, si basa su due pilastri: il cambiamento copernicano dei rapporti con Mosca dopo l’aggressione all’Ucraina e l’integrazione della spesa militare europea.
I fatti separati dalle opinioni. La Russia è un attore direttamente coinvolto nei conflitti armati degli ultimi anni alle porte o vicini all’Europa, per geografia e per interessi strategici: Georgia, Libia, Mali, Siria, Repubblica Centrafricana e Ucraina, addirittura invasa dall’esercito di Mosca. Ergo, per l’Unione europea fare i conti con la realtà significa prendere atto che la Russia rappresenta una minaccia diretta e a lungo termine alla sua sicurezza. L’Unione europea l’ha fatto, entrando in una nuova fase storica che possiamo definire della “nuova dottrina Ue”. Questa dottrina si basa su due pilastri, nell’ottica della tutela delle libertà e delle democrazie, oltreché – e non venga questo scambiato per cinismo perché si tratta di politica – dei propri interessi. Primo pilastro: il cambiamento copernicano dei rapporti (economici e commerciali ma anche geopolitici, strategici e diplomatici) con Mosca dopo l’aggressione all’Ucraina. Secondo pilastro: l’integrazione della spesa militare europea, di cui si discuteva da due anni e che la guerra di Putin ha sdoganato in un baleno dalle chiacchiere, facendola diventare una scelta comune che rientra pure sotto l’ombrello della Nato. In queste settimane, da quando è cominciata l’invasione, in molti hanno provato a individuare una dottrina politica nell’operato di Putin. Nonostante sia trascorso più di mezzo secolo, quella che più si avvicina alle scelte del presidente russo è probabilmente la dottrina elaborata ai tempi dell’Unione Sovietica da Leonid Brežnev: prevedeva che quando le forze ostili al socialismo cercavano di portare lo sviluppo di alcuni Paesi socialisti verso il capitalismo, questo non diventava soltanto un problema del Paese coinvolto ma di tutti quanti i Paesi socialisti, a cominciare ovviamente dall’Urss. Al posto del socialismo Putin ha messo i confini. Chiedere la neutralità dell’Ucraina – che ha scelto la democrazia e la libertà, in un quadro storico-politico dove non esiste più il Patt o di Varsavia – è stato un grave errore e una prepotenza, per giunta anti-storica. E qui, in tutta la sua evidenza, si misura la novità della scelta europea. La sua contemporaneità, che lascia dietro di sé le nostalgie di ciò che avrebbe potuto essere il rapporto con la Russia e che invece non è stato. Una politica che non può accettare che la collocazione di un Paese venga decisa non dal suo popolo ma da un’invasione militare. In questo quadro il tema dell’Ucraina nell’Ue rappresenta non una forzatura ma una scelta, il cui orizzonte è semplice: stare con il mondo libero. I suoi tempi saranno dettati dalla realtà e dalla diplomazia che oggi, in Europa, parte da una diversa consapevolezza: questa Russia aggressiva rappresenta una minaccia alla sicurezza dell’Unione. di Massimiliano Lenzi 

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