La politica immobile e senza elettori
È andata come tutti sapevano e come avevamo anticipato un mese fa, scrivendo di una politica italiana immobile che ha trovato conferma nei risultati di queste elezioni regionali
La politica immobile e senza elettori
È andata come tutti sapevano e come avevamo anticipato un mese fa, scrivendo di una politica italiana immobile che ha trovato conferma nei risultati di queste elezioni regionali
La politica immobile e senza elettori
È andata come tutti sapevano e come avevamo anticipato un mese fa, scrivendo di una politica italiana immobile che ha trovato conferma nei risultati di queste elezioni regionali
È andata come tutti sapevano e come avevamo anticipato un mese fa, scrivendo di immobilismo della politica italiana. Che ha trovato piena conferma nei risultati dell’ultima tornata di queste elezioni regionali spalmate su tre turni.
Il centrosinistra ha trionfato in Campania e Puglia, dove sapeva che avrebbe vinto o stravinto. L’unico vero dubbio. Ha stravinto.
Così come in Veneto ha stravinto il centrodestra, che ha salutato la lunga era-Zaia con una vittoria come sempre gigantesca nelle proporzioni, quando l’ormai ex governatore-doge decide di far sentire il suo peso politico in una Regione che ha un vero e proprio rapporto simbiotico con lui.
Un effetto trascinante, da capolista, che ha dato fiato da solo alla Lega di Salvini, oltre la vittoria del neo governatore Alberto Stefani, portandola a doppiare il risultato di Fratelli d’Italia che alle europee aveva inferto un colpo durissimo al partito più forte da decenni in Veneto.
Partito che da quelle parti è Luca Zaia e che adesso, non potendo più tenerlo impegnato nell’amatissimo Veneto, rischia di tramutarsi in un bel problema per Salvini.
Anche perché la Lega, dove non c’è Zaia, continua a raccogliere risultati grami e prima o poi potrebbe essere costretto a renderne conto.
Il centrosinistra fa la voce grossa con le vittorie a valanga di Decaro e Fico in Puglia e Campania, ormai convinto che il campo largo sia l’unica possibilità per battere Giorgia Meloni.
Lo scriviamo, mentre già tutti hanno dimenticato la fragorosa e sconfortante astensione di domenica e ieri: le pur roboanti vittorie in due regioni “sicure“ non cambiano il quadro generale, non annunciano una crisi del modello Meloni.
Indicano che certi messaggi al Sud non pagano, fanno capire che per il referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati ci sarà da sudare, ma non sanno di sconfitta alle politiche.
Piuttosto fanno intravedere una certa voglia di statalismo e assistenzialismo, soprattutto di marca pentastellata in Campania, che il meridionale in questo momento alla tastiera non può che registrare con qualche timore.
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