La collocazione atlantista e occidentale dell’Italia è al punto numero uno del programma di governo dell’alleanza di centrodestra. È vero che nello stesso documento non manca un generico richiamo alla ricerca della via diplomatica per la soluzione delle controversie internazionali (chi potrebbe mai dirsi contrario?) e ci vorrà ben altro per cancellare l’ombra di Vladimir Putin, ma la sostanza resta. L’ancoraggio del Paese all’Unione europea, alla Nato e alle alleanze occidentali è messo nero su bianco. Un impegno chiaro e dal valore indiscutibile.
Il centrosinistra, anche dopo la diaspora di Carlo Calenda, ha ripetutamente fatto sua l’ormai mitologica “agenda Draghi”. A cominciare proprio dai riferimenti di carattere internazionale e geopolitico. Quanto al già citato leader di Azione e al suo fresco alleato ritrovato Matteo Renzi, dovrebbero dare lezioni alla concorrenza su atlantismo e occidentalismo, almeno in teoria.
Insomma, tutti d’accordo e pure non poco su un passaggio di assoluto rilievo per il futuro del nostro Paese. C’è da essere molto soddisfatti e tranquillizzati da simili impegni – anche scritti – per chi come noi non ne ha mai fatto una questione di ideologia e tantomeno di simpatia e antipatia personale. Per coloro, e sono tanti, che sentono la necessità di garantire all’Italia – chiunque vinca alle prossime e future elezioni – un solido riferimento internazionale. Detto ciò, tutti liberi di dividersi senza drammi sulle diverse ricette economiche, fiscali, sociali e così via. La fotografia di una democrazia moderna e matura.
Sulla coerenza di partiti e schieramenti, invece, è lecito sospendere il giudizio sino a ulteriori prove. Ciascuno ha più di un motivo di generare dubbi. Curiosamente, la sinistra per il suo ingombrante passato e il centrodestra per il suo ingombrante presente.
L’unica strada per non rinfacciarsi di continuo l’era dei soldi ricevuti da Mosca o quella delle magliette improvvide e delle amicizie scivolose è tener fede agli impegni solennemente presi.
di Fulvio Giuliani
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