La Russa e il passato che non passa
Ignazio La Russa, presidente del Senato, ha pubblicato sui suoi social una rievocazione della fondazione del Movimento Sociale Italiano. E il passato ritorna come un fantasma.
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La Russa e il passato che non passa
Ignazio La Russa, presidente del Senato, ha pubblicato sui suoi social una rievocazione della fondazione del Movimento Sociale Italiano. E il passato ritorna come un fantasma.
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La Russa e il passato che non passa
Ignazio La Russa, presidente del Senato, ha pubblicato sui suoi social una rievocazione della fondazione del Movimento Sociale Italiano. E il passato ritorna come un fantasma.
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Ignazio La Russa, presidente del Senato, ha pubblicato sui suoi social una rievocazione della fondazione del Movimento Sociale Italiano. E il passato ritorna come un fantasma.
Il presidente del Senato Ignazio La Russa è politico di lunghissimo corso, “scafato“ come si dice in gergo, persona di indiscutibile simpatia personale. Proprio per queste caratteristiche e qualità continua a sorprendere l’incapacità di tagliare gli ultimi ponti con un passato che nessuno gli chiede di rinnegare, ma certamente di non rivangare alla prima occasione. Passi per le battute (“Fascista io? È un complimento!“), ma scrivere di proprio pugno in Instagram una rievocazione della fondazione del Movimento Sociale Italiano non è né una battuta né del folklore.
È una scelta lucida, pur mitigata dal ricordo personale della militanza paterna. È soprattutto la sottolineatura di origini politiche da rivendicare. Non bello, non piacevole, lontano anni luce dal lavoro che il suo stesso capo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sta portando avanti con coerenza. Dalle parole ai gesti.
Lo ripetiamo, qui non si tratta di chiedere abiure, che – se insincere – sarebbero nella migliore delle ipotesi di plastica. Si tratta di chiedere una lucida e oggettiva analisi di quella che fu la storia politica del Movimento Sociale, nato richiamando esplicitamente la lugubre esperienza della Repubblica di Salò.
Basterebbe questo per tener lontana – alzi lontanissima – la seconda carica dello Stato da qualsiasi rievocazione, con o senza spunti nostalgici. L’evoluzione democratica della destra, cui facevamo riferimento, è nelle parole, nei gesti e anche nelle recenti emozioni di Giorgia Meloni in occasione delle ripetute, durissime e inequivocabili condanne delle leggi razziali in Italia. Una scelta politica che gran parte della stampa italiana non ha avuto la forza (o la volontà?) di sottolineare con la dovuta attenzione.
Quella è la destra che evolve in senso democratico, accettando l’impegno più complesso: fare i conti con il passato. La destra che si ritrova a omaggiare l’Msi e non riesce a separarsi neppure dai busti di Mussolini resta quella da operetta e con spunti inquietanti che per decenni è stata tenuta ai margini della democrazia italiana.
Il presidente del Senato farebbe bene a rifletterci.
di Fulvio Giuliani
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