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La sanità da reinventare

La sanità pubblica in Italia più che da riformare, mantra di ogni schieramento politico, è da ‘reinventare’
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La sanità pubblica in Italia più che da riformare, mantra di ogni schieramento politico, è da ‘reinventare’
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La sanità pubblica in Italia più che da riformare, mantra di ogni schieramento politico, è da ‘reinventare’
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La sanità pubblica in Italia più che da riformare, mantra di ogni schieramento politico, è da ‘reinventare’
La sanità pubblica in Italia più che da riformare, mantra di ogni schieramento politico, è da ‘reinventare’. Siamo tutti consapevoli che il nostro sistema abbia un pregio rispetto ad altri Paesi nel mondo, quello della gratuità. Un esempio personale: ogni mese devo sottopormi a una iniezione per un tumore neuroendocrino operato al colon sei anni fa. Questo farmaco costa alla Regione Lazio 1.850 euro e io non pago nulla. Mi posso lamentare? No, certo. Però a un malato in Sardegna che deve fare una Tac – esame sempre più frequente e costoso – è stato detto chiaro e tondo che se vuole ottenerla in tempi ragionevoli e senza pagare deve recarsi fuori dal suo territorio e prenotarla in un’altra Regione. Ecco, lui ha tutto il diritto di lamentarsi. Per la sanità in questi decenni si è investito moltissimo, troppo. Perché troppo? Perché quei fondi non sono andati in migliorie delle strutture pubbliche e in ricerche vere (non quelle un tanto al chilo commissionate da case farmaceutiche e utili soltanto alle baronie della medicina) ma in classifiche talvolta imbarazzanti su “Il mio ospedale è migliore del tuo” (ovviamente frutto di lucrose prebende) e in mega strutture burocratiche che non guardano al paziente ma al fatturato e ai propri stipendi. In importanti ospedali italiani ci sono più impiegati amministrativi che medici e infermieri; questi ultimi sono spesso demotivati da una organizzazione farraginosa, burocratica, talvolta del tutto inutile, risultato di quei vergognosi voti di scambio di cui la politica ha bisogno più che un paziente di una flebo. Per non parlare della criticità permanente, se ne parla da anni, della invece fondamentale medicina di famiglia, trasformata in un “ricettificio” automatico senza senso, con notevole spreco di risorse professionali ed economiche. Oggi l’opposizione ne fa una battaglia ideologica contro il governo, accusato di tagliare i fondi della sanità pubblica, magari per dirottare risorse su quella privata. La signora Elly Schlein e l’avvocato Giuseppe Conte – ormai sono una coppia di fatto – hanno colpe parziali perché di riforma della sanità si parla, spesso a sproposito, da quando (soprattutto lei) erano bambini. Ho sempre sostenuto, qui e altrove, che tale sconquasso è riconducibile alla riforma nel 2001 del Titolo V della Costituzione che ha regionalizzato la sanità pubblica. Nel dibattito politico di oggi nessuno ha il coraggio di dirlo e di proporre un passo indietro. Ancora una volta, quindi, soltanto “chiacchiere e distintivi”. di Andrea Pamparana

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