La scelta dei 5 Stelle e gli occhi bendati davanti alle conseguenze
Lo spettacolo politico imbastito da ciò che resta del Movimento Cinque Stelle, che ieri ha raggiunto il suo culmine, è un manifesto di colpevole irresponsabilità allo stato puro. Con l’aggravante di rifiutare con ostinata e fanciullesca cocciutaggine tutte le relative conseguenze, fingendo che non esistano.
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La scelta dei 5 Stelle e gli occhi bendati davanti alle conseguenze
Lo spettacolo politico imbastito da ciò che resta del Movimento Cinque Stelle, che ieri ha raggiunto il suo culmine, è un manifesto di colpevole irresponsabilità allo stato puro. Con l’aggravante di rifiutare con ostinata e fanciullesca cocciutaggine tutte le relative conseguenze, fingendo che non esistano.
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La scelta dei 5 Stelle e gli occhi bendati davanti alle conseguenze
Lo spettacolo politico imbastito da ciò che resta del Movimento Cinque Stelle, che ieri ha raggiunto il suo culmine, è un manifesto di colpevole irresponsabilità allo stato puro. Con l’aggravante di rifiutare con ostinata e fanciullesca cocciutaggine tutte le relative conseguenze, fingendo che non esistano.
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Lo spettacolo politico imbastito da ciò che resta del Movimento Cinque Stelle, che ieri ha raggiunto il suo culmine, è un manifesto di colpevole irresponsabilità allo stato puro. Con l’aggravante di rifiutare con ostinata e fanciullesca cocciutaggine tutte le relative conseguenze, fingendo che non esistano.
La distinzione fra il mondo dell’infanzia e quello adulto ricade in buona misura nel concetto di responsabilità. Il bambino ha il diritto-dovere di essere irresponsabile – anche davanti alla legge, entro certi limiti – l’adulto no. L’adulto è libero di compiere le proprie scelte, ma è chiamato a risponderne. Lo spettacolo politico imbastito da ciò che resta del Movimento Cinque Stelle, a cui stiamo assistendo da giorni e che ieri ha raggiunto il suo culmine, è un manifesto di colpevole irresponsabilità allo stato puro. Con l’aggravante di rifiutare con ostinata e fanciullesca cocciutaggine tutte le relative conseguenze. Si fa finta che non esistano, come quando i bambini sono convinti di essere invisibili, nascondendosi dietro una tenda e con i piedini che sbucano dall’orlo.
Solo che Mario Draghi è di un’altra pasta e davanti a questo scempio ha fatto semplicemente quello che aveva anticipato: ha rassegnato le sue dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica. Conte e i suoi – senza avere il coraggio di dirlo e farlo apertamente – gettano il Paese in uno stato di totale indeterminatezza, nel pieno di una guerra sull’uscio di casa e in un momento di particolare difficoltà economico-finanziaria. Si lascia l’Italia in pasto a una speculazione che non è cattiva per natura (tantomeno “ce l’ha con noi”), semplicemente fa il suo mestiere: individua le debolezze e le sfrutta. Si è visto già ieri e potrebbe essere solo l’antipasto.
Tutto questo per regalarsi tre-quattro mesi all’opposizione, per scimmiottare un po’ i successi nei sondaggi della Meloni e tamponare la scontata emorragia di voti e seggi nelle prossime urne. A Conte è anche scappato, in un momento di onestà intellettuale: «Il Movimento fa il Movimento». Appunto. I nove punti strombazzati sotto il naso di Mario Draghi – manco fossero le Tavole della legge – sono solo una stanca accozzaglia di vecchi cavalli di battaglia, appena riverniciati per l’occasione. Persino il No al termovalorizzatore di Roma, antiscientifica e antistorica battaglia identitaria dei grillini, non riesce ad apparire una scusa decente per questa scelta che resta banalmente irresponsabile e vagamente suicida. Prova provata, il tragicomico tentativo in extremis del M5S di evitare il voto di fiducia. Siamo molto oltre il tirare il sasso e ritirare la mano. Che indecenza.
Ha fatto bene il presidente del Consiglio a mettere la parola fine, togliendo qualsiasi scusa a chi pone costantemente il proprio interesse davanti a quello del Paese. Capiremo, adesso, in quale modo andremo alle elezioni, in quali tempi e accompagnati da quale governo. Tutti quesiti di rilevante importanza, anche perché in autunno si presenterà l’appuntamento con la Finanziaria, solo teoricamente rinviabile. Già gli osservatori si esercitano sull’ipotesi di voto in ottobre, in modo da poter consentire al nuovo governo uscito dalle elezioni – auguri – di affrontare la programmazione economica per il prossimo anno.
All’evidenza, una pia illusione perché presupporrebbe far scattare oggi la corsa alle urne, aggirando l’istinto di sopravvivenza delle consistenti truppe di peones che già sanno di dover dire addio per sempre alle aule parlamentari e anche a una ‘semplice’ candidatura. Sullo sfondo, poi, l’insostenibile leggerezza di portare i cittadini a votare con la sciagurata legge elettorale che ha già garantito la non-vittoria degli opposti schieramenti nel 2018. Cinque anni dopo siamo esattamente al punto di partenza, incagliati a questa disgraziata legge da chi trionfò (ma non del tutto) allora e oggi lotta solo per sopravvivere. In più, con il taglio dei parlamentari a cui non ha fatto seguito nulla.
Infine, a tutti gli smemorati che non comprendono l’atteggiamento di Draghi ricordiamo che nel 2018 il Movimento Cinque Stelle è stato votato da oltre il 32% degli italiani e che non si ignora il partito di maggioranza relativa. Anche se ridotto a un’ombra.
A proposito di responsabilità da distribuire.
Di Fulvio Giuliani
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