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Fine del governo Draghi

L’altra Italia

C’è un’altra Italia che non non si riconosce in quel che è accaduto al governo Draghi, alla ricerca di una rappresentanza e di una voce che non sia un latrato entro le elezioni del 25 settembre. L’altra Italia abbandonata.
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L’altra Italia

C’è un’altra Italia che non non si riconosce in quel che è accaduto al governo Draghi, alla ricerca di una rappresentanza e di una voce che non sia un latrato entro le elezioni del 25 settembre. L’altra Italia abbandonata.
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L’altra Italia

C’è un’altra Italia che non non si riconosce in quel che è accaduto al governo Draghi, alla ricerca di una rappresentanza e di una voce che non sia un latrato entro le elezioni del 25 settembre. L’altra Italia abbandonata.
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C’è un’altra Italia che non non si riconosce in quel che è accaduto al governo Draghi, alla ricerca di una rappresentanza e di una voce che non sia un latrato entro le elezioni del 25 settembre. L’altra Italia abbandonata.
C’è un’altra Italia. Un’Italia che non ha nulla a che vedere con questa assemblea di debosciati già in fuga dalla loro vergogna e responsabilità, che ci ha precipitato in un’assurda campagna elettorale di agosto, destinata alla sostanziale indifferenza, prima di accendersi solo dell’ultimo, disperato rush finale settembrino. C’è un’altra Italia, che in queste mattine continua ad alzarsi, andare al lavoro, competere sul piano internazionale, vincere le sfide dell’export e dell’innovazione, affrontando e superando competitor spesso 10, 15, 20 volte più grandi, ma altrettanto meno fantasiosi e flessibili. C’è un’altra Italia che continuerà a interrogarsi su come sia stato possibile ridursi a tanto, proprio nel momento in cui si erano guadagnati una posizione e un prestigio internazionale invidiabili e strategicamente di enorme valore per il Paese. C’è un’altra Italia che verrà poi persino accusata da lor signori di girare le spalle a questo teatro dell’assurdo, rifiutandosi di farsi rappresentare. C’è un’altra Italia che sa come si fanno le cose, seria, competente, concentrata, moderna, autorevole. L’altra Italia che non trovate in Parlamento e – a meno di clamorosi colpi di scena – neppure in quello che emergerà dalle elezioni del 25 settembre. Un’altra Italia alla ricerca di una rappresentanza, di una voce, che non sia necessariamente un latrato, un abbaiare furibondo e indistinto contro un nemico da individuare a tutti i costi per dare un senso a se stessi. Normalmente indicato a Bruxelles, piuttosto che a Washington, Berlino o Parigi. Più raramente a Mosca, comunque mai a Roma. Un’altra Italia per la quale farò un piccolo esempio (mi perdonerete) di carattere personale: il mio commento di ieri a questo sfacelo – ma lo stesso ragionamento lo si può fare su quanto scritto dallo scorso venerdì – in Linkedin ha raccolto a ora 3620 reazioni. Di queste, le positive sono 3598, le negative 22. Oltre 800 persone si sono prese la briga di commentare o condividere quanto da me scritto e le ringrazio una a una. Di queste, una ventina circa hanno più che legittimamente criticato, con toni variamente severi, ruvidi o direttamente offensivi. 22 contro 3598, 20 contro 780 circa, eppure quei 22 e quei 20 fanno rumore per mille e più, colorano il cielo di scie (chimiche, ve le ricordate?), sembrano rappresentare chissà quanti, mentre la stragrande maggioranza assiste attonita o semplicemente ha altro da fare. È solo un piccolissimo e modesto esempio, ma è esattamente ciò che accade a questo Paese. All’altra Italia abbandonata senza uno straccio di rappresentanza.   di Fulvio Giuliani

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