L’arma spuntata dello sciopero e i sindacati spuntati
Per ogni sciopero finiamo per recitare a soggetto: i sindacati sempre meno rappresentativi, i lavoratori sempre meno rappresentati
L’arma spuntata dello sciopero e i sindacati spuntati
Per ogni sciopero finiamo per recitare a soggetto: i sindacati sempre meno rappresentativi, i lavoratori sempre meno rappresentati
L’arma spuntata dello sciopero e i sindacati spuntati
Per ogni sciopero finiamo per recitare a soggetto: i sindacati sempre meno rappresentativi, i lavoratori sempre meno rappresentati
Per ogni sciopero finiamo per recitare a soggetto: i sindacati sempre meno rappresentativi, i lavoratori sempre meno rappresentati
Il tema scioperi resta esplosivo, per la banale concomitanza con la giornata di “sciopero generale” di oggi: in discussione non c’è il diritto di sciopero – che nessuno sogna neppure lontanamente di intaccare – ma l’uso dell’arma dello sciopero.
La recente querelle ne è un esempio lampante: la richiesta del Garante degli scioperi di una riduzione a quattro ore dell’agitazione nei trasporti e la conseguente precettazione sono state vissute dalla quota più ideologizzata di sindacati e cittadini come un’insopportabile lesione del diritto di sciopero. Ignorando con suprema indifferenza il coesistente diritto costituzionalmente garantito al libero movimento e le garanzie di legge previste.
Possiamo far le anime candide, sostenendo che tutto vada bene, che ciascuna (immancabile) agitazione del venerdì del trasporto pubblico locale, il rituale appuntamento con lo sciopero dei treni nel fine settimana o lo stanchissimo richiamo periodico allo “sciopero generale” sia solo il riflesso di una nobile battaglia contro il capitale affamatore. Se vogliamo proprio raccontarcela, accomodiamoci pure e… benvenuti nel 1977.
Da un pezzo a far notizia sono esclusivamente le agitazioni di chi con i propri scioperi e magari in barba alle regole può far sentire il peso della propria esistenza. Per gli altri, l’arma dello sciopero è ormai al più un pallido ricordo e in caso di agitazione non si guadagna manco una riga sui giornali, un post di protesta o l’intervento del politico di turno.
Finiamo per recitare a soggetto: i sindacati sempre meno rappresentativi, i lavoratori sempre meno rappresentati, la politica sempre meno in grado di intercettare le reali esigenze di un mondo del lavoro in cui è cambiato tutto (ma proprio tutto), tranne la rappresentanza sindacale.
Vorremmo proporre a Landini e ai suoi fratelli di andare a chiedere ai ragazzi – beninteso non le sparute frange ideologizzate che pur si possono trovare – se sia mai passato loro per la testa di rivolgersi ai sindacati. Se ne conoscano l’esistenza. La realtà con cui dovremmo deciderci a fare i conti è sconfortante: i sindacati non rappresentano più tantissime categorie di lavoratori, pensionati esclusi. Risultiamo antipatici nel dirlo? Meglio che finti.
Non è una questione di destra o sinistra: si muovono, parlano, agiscono come quando a lavorare erano i genitori della nostra generazione e noi andavamo a scuola, in un mondo che non c’è più.
Chi ha provato a combattere una battaglia di modernizzazione dall’interno delle grandi organizzazioni sindacali e a battere strade diverse è stato ostracizzato ed espulso.
Ci balocchiamo con riti inutili e la routine dello sciopero in città del venerdì, a cui aggiungere il pomposo aggettivo di “generale”, ma nulla cambia.
Se per questo, neppure con la precettazione: basta l’effetto annuncio, tutti corrono a prendere l’auto e il caos è servito. Senza sapere chi abbia scioperato, per quanto tempo e soprattutto per cosa.
di Fulvio Giuliani
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche