Lasciamo stare Garibaldi
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Giorgia Meloni e l’inno al “O si fa l’Italia o so muore”, l’inutile gioco della “ricostruzione” di ciò che prima andava meglio di adesso
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Giorgia Meloni e l’inno al “O si fa l’Italia o so muore”, l’inutile gioco della “ricostruzione” di ciò che prima andava meglio di adesso
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Giorgia Meloni e l’inno al “O si fa l’Italia o so muore”, l’inutile gioco della “ricostruzione” di ciò che prima andava meglio di adesso
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AUTORE: Fulvio Giuliani
Ci risiamo con paroloni e parole d’ordine. Ieri, intervenendo a distanza alla kermesse di Fratelli d’Italia di Milano, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto ricorso a una citazione garibaldina, per sottolineare le difficoltà del momento politico: “O si fa l’Italia o si muore”.
L’Italia non è un campo di macerie, non è un Paese da creare da zero modello nuovo Risorgimento, non è stato raccolto dal governo uscito dalle elezioni del 25 settembre prostrato e senza indirizzo. L’Italia è reduce da due anni di crescita economica poderosa, che non ha colore politico e dovrebbe far felice tutti. Viene da un’esperienza certamente “estrema“ ma il governo Draghi ha riportato il Paese a un grado di credibilità e prestigio internazionale che non si vedevano da tempo. Questi sono fatti, non macerie.
Far passare il concetto – per l’ennesima volta – che sia tutto da rifare, che prima fosse tutto distrutto non solo è falso, ma pericoloso per il governo stesso. Non è ‘colpa’ della Meloni, ma è un altro fatto che la produzione industriale italiana a fine 2022 abbia dato segnali negativi, dopo i mesi di crescita complessiva di cui si diceva. Ripetiamo, non si tratta di assegnare responsabilità, ma è certo che il governo dovrà affrontare mesi economicamente complessi, in un contesto internazionale che resta molto delicato. È probabile che non si cresca come si è cresciuto nel 2021 2022, che senso ha continuare questo gioco della “ricostruzione” di ciò che prima andava meglio di adesso?
Giorgia Meloni non corre alcun rischio dalle opposizioni, con il Pd disperso e il Movimento Cinque Stelle interessato solo a gonfiare i propri sondaggi sulla matrice protestataria e pauperistica scelta da Giuseppe Conte. Rischia per gli alleati riottosi, come ha sottolineato sempre ieri, ma parliamo pur sempre di due partiti che valgono meno di un terzo di Fratelli d’Italia e insieme neppure la metà.
Vincere e volare nei consensi popolari è tantissimo, ma non tutto. Rischia di essere poco, se non si coglie la responsabilità di decidere e far scelte non per confermare gli inutili sondaggi e continuare con la propaganda, ma per una politica che indichi un’idea di Italia.
Di Fulvio Giuliani
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