Quel voto che non parla dei giovani
Le elezioni del 25 settembre 2022 sono arrivate. Finalmente, oggi si vota dopo aver assistito alla campagna elettorale più anonima della storia repubblicana con programmi che ruotano intorno a tenui e già sentiti cavalli di battaglia, salvo poi ritrovarsi barcollanti, privi di fondamenta e di una vera programmazione capace di pensare ai giovani e al loro futuro.
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Quel voto che non parla dei giovani
Le elezioni del 25 settembre 2022 sono arrivate. Finalmente, oggi si vota dopo aver assistito alla campagna elettorale più anonima della storia repubblicana con programmi che ruotano intorno a tenui e già sentiti cavalli di battaglia, salvo poi ritrovarsi barcollanti, privi di fondamenta e di una vera programmazione capace di pensare ai giovani e al loro futuro.
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Quel voto che non parla dei giovani
Le elezioni del 25 settembre 2022 sono arrivate. Finalmente, oggi si vota dopo aver assistito alla campagna elettorale più anonima della storia repubblicana con programmi che ruotano intorno a tenui e già sentiti cavalli di battaglia, salvo poi ritrovarsi barcollanti, privi di fondamenta e di una vera programmazione capace di pensare ai giovani e al loro futuro.
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Le elezioni del 25 settembre 2022 sono arrivate. Finalmente, oggi si vota dopo aver assistito alla campagna elettorale più anonima della storia repubblicana con programmi che ruotano intorno a tenui e già sentiti cavalli di battaglia, salvo poi ritrovarsi barcollanti, privi di fondamenta e di una vera programmazione capace di pensare ai giovani e al loro futuro.
Come e più di ogni anno abbiamo assistito a una campagna elettorale piena di spot da ogni dove: “abbassiamo le bollette”, “garantiamo il reddito di cittadinanza”, “aboliamo l’evasione con la flat tax”. Tutti bei propositi, ma come sia possibile trasformarli in realtà senza fare nuovo debito, dove trovare le famose “coperture”, non è dato sapere. Alla faccia del significato del termine “programmare”.
Questi non sono temi tecnici o difficili da comprendere, al contrario sono argomenti che interessano eccome i giovani e per i quali i giovani hanno interesse. Evidentemente alla classe politica questo non deve apparire verosimile.
Di sicuro, da sempre, giovani e futuro sono sinonimi, e non è un caso che entrambi siano stati i grandi assenti di questa campagna elettorale.
Parlare di questi temi è molto complesso, trovare le soluzioni è difficile. Ma nessuno ha mai sostenuto che fare il politico sia una cosa semplice. Ciò che stupisce è la superficialità con cui i giovani vengano tagliati fuori da ogni discorso serio e di reali prospettive.
Tutto questo è avvenuto proprio nella campagna elettorale in cui più i politici si sono avvicinati ai giovani (ma solo) sul piano formale. Solo che la forma è diventata farsa e i politici si sono riversati persino su Tik Tok con spot raccapriccianti da prima repubblica. Hanno aperto i profili in maniera caotica e spesso senza sapere cosa dovessero fare, solo per raccapezzare qualche voto.
Sul social della generazione Z, a parte qualche rara eccezione, i leader sono apparsi impacciati, finti, esilaranti, fino a meritarsi la definizione di “Effetto cringe” da parte dei giovani. Quelli che avrebbero dovuto convincere.
Del resto, alle nuove generazioni, sono state fatte le solite vecchie promesse, tutto e l’opposto di tutto: l’abolizione del numero chiuso all’università e il ripristino del più inutile degli obblighi, il servizio militare; l’abolizione delle “devianze” a colpi di sport e detassazione totale fino a 25 anni, ma anche una dote di diecimila euro al compimento dei 18 anni; l’allungamento della scuola dell’obbligo, l’abolizione degli stage e dei tirocini gratuiti. Il tutto rigorosamente per spot, senza una trama.
È la stessa comunicazione semplicistica scelta nei confronti di queste generazioni a svelare l’opinione che di essi ha la classe politica: dei giovani votanti che vale la pena illudere, ché tanto argomentare sarebbe inutile. O troppo complicato.
Questo non solo è la prima occasione in cui i politici italiani sono sbarcati sul social cinese, le elezioni del 25 settembre 2022 sono anche le prime in cui potranno votare per il Senato i giovani sotto i 25 anni, chiaramente maggiorenni.
I sondaggi stimano che non si recherà ai seggi più di un terzo dei quasi quattro milioni di ragazzi che potranno, per la prima volta già dai 18 anni, votare per il Senato.
Secondo un’indagine dell’Istat del 2019 oltre il 27% dei ragazzi non partecipa alla vita politica. La stessa indagine rileva che molti di loro chiedono di essere ascoltati dai partiti politici, non solo in campagna elettorale, ma soprattutto dopo il 25 settembre. Per cui l’indagine va letta al contrario: la maggior parte dei giovani chiede di essere ascoltata, la scarsa partecipazione è solo conseguenza della mancata risposta alla domanda.
Quanto meno anche quelli giustamente entusiasti di votare per la prima volta avranno capito sin da subito cosa è l’attuale politica italiana. Altro che fessi.
Di Giovanni Palmisano
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