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legge di bilancio

Legge di bilancio: tra racconto, bozze e realtà

Quando il 16 ottobre illustrarono i contenuti della legge di bilancio i giochi dovevano esser già chiusi. Invece sono iniziati dopo
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Legge di bilancio: tra racconto, bozze e realtà

Quando il 16 ottobre illustrarono i contenuti della legge di bilancio i giochi dovevano esser già chiusi. Invece sono iniziati dopo
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Legge di bilancio: tra racconto, bozze e realtà

Quando il 16 ottobre illustrarono i contenuti della legge di bilancio i giochi dovevano esser già chiusi. Invece sono iniziati dopo
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Quando il 16 ottobre illustrarono i contenuti della legge di bilancio i giochi dovevano esser già chiusi. Invece sono iniziati dopo

E meno male che non era emendabile. Quando, lo scorso 16 ottobre, il governo illustrò i contenuti della legge di bilancio (nelle sue linee generali già trasmesse alla Commissione europea), il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si spinse a dire che non vi erano margini per accettare emendamenti della maggioranza. Tesi non proprio rispettosa del Parlamento, ma con un suo significato di rigore economico. Quel testo era stato condiviso e approvato dal Consiglio dei ministri, quel testo sarebbe approdato in Parlamento e quel testo si sarebbe dovuto approvare. Il più presto possibile e, comunque, non oltre il 31 dicembre. Precisò anche che ci sarebbero state condizioni restrittive, rispetto al passato, per l’intero capitolo delle pensioni, che sarebbero state cancellate l’Ape (anticipo pensionistico) sociale e quota 103. Rispose che tutto ciò non si trovava in una specie di cantiere aperto, ma che si era alla compilazione delle schede tecniche. Sarebbe dovuta essere la fine dei giochi. Invece sono cominciati subito dopo.

Possono smentire quanto vogliono, ma i successivi dettagli arrivavano da testi la cui originalità era testimoniata dal consueto stile ostrogoto-giuridichese. E in ogni caso, stando alle parole del ministro, quel testo era già pronto il 16 ottobre, tanto che si stava lavorando non alla sua formulazione ma alle schede contabili che lo avrebbero accompagnato. Il lavoro di Giorgetti non era stato facile e – grazie alla copertura ricevuta dalla presidente del Consiglio – aveva dovuto respingere moltissime delle richieste di maggiori spese provenienti dai colleghi ministri. Giorgetti-Santiago aveva insomma vinto la sua partita con il marlin, che era stato domato. Resta però lo spettro della sorte successiva, drammaticamente descritta da Hemingway ne “Il vecchio e il mare”: gli squali che divorano l’enorme pesce, lasciando all’esausto Santiago soltanto la lisca.

C’è una possibilità diversa, più popolare e canora, di cui siamo debitori a Jannacci: «Gridare: “Aiuto, aiuto è scappato il leone!” / E vedere di nascosto l’effetto che fa». Perché può darsi che i ministri non avessero manco letto il testo che Giorgetti dava per completato, ma può darsi che non fosse completato affatto e non esistesse, se non sotto forma di abbozzi: a quel punto lo si lascia trapelare e si resta a vedere l’effetto che fa. E fa il seguente effetto: ci sono forze al governo che non provano altro che a indebolire il governo, per indebolire la presidente del Consiglio, sicché spiano gli spiragli e provano con le voragini. In questo momento la forza di Meloni non è forse al massimo, sicché – con la lealtà di Jago (Verdi, “Otello”, sto cercando di farimi pigghiarealla Biennale) – si allestiscono trappole e la si costringe a retromarce. Per dirne una, il tema fiscale è interamente in mano a persone che fanno capo alla presidente del Consiglio, talché la retromarcia sul fisco operante in banca riguarda loro.

Di tutto questo a noi tutti potrebbe anche interessare poco. Potremmo metterci comodi, decidere di occuparci d’altro e chiedere, con cortesia, d’essere avvertiti quando ci sarà un testo da studiare. Ma avere la guerriglia dentro al governo e il campo largamente inutile in Parlamento porta male all’Italia. Per giunta arrivano al pettine le cose rinviate. Per diluire e scansare occorre l’arte di una Merkel o il divertito scetticismo di un Andreotti; se ci si limita ad allungare la palla poi si finisce a fondo campo, da dove ora si deve tirare il calcio d’angolo del Mes. E si deve farlo nel corso della discussione sull’inemendabile e malleabile legge di bilancio. Mentre rinviare ancora segnala che non si sa calciarlo e si corre il rischio di prendere calci nella riforma del Patto di stabilità.

Sarebbe saggio fermare la corrida e chiudere il cantiere – all’evidenza incompleto – alla vista dei passati. A forza di bozze ne stanno uscendo con tanti di quei bozzi che sarà poi difficile abbozzare. Specie per Meloni e Giorgetti.

di Davide Giacalone

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