Legislazione d’urgenza
Dalle normative sui rave party al Decreto Cutro abbiamo assistito a un progressivo inasprirsi della legislazione d’urgenza. Ma qualcosa in Italia dovrà cambiare
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Dalle normative sui rave party al Decreto Cutro abbiamo assistito a un progressivo inasprirsi della legislazione d’urgenza. Ma qualcosa in Italia dovrà cambiare
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Dalle normative sui rave party al Decreto Cutro abbiamo assistito a un progressivo inasprirsi della legislazione d’urgenza. Ma qualcosa in Italia dovrà cambiare
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Dalle normative sui rave party al Decreto Cutro abbiamo assistito a un progressivo inasprirsi della legislazione d’urgenza. Ma qualcosa in Italia dovrà cambiare
Legge e ordine sono da sempre stelle polari della destra. Un riferimento tradizionale e molto sentito in tutte le aree riconducibili ai conservatori. Per essere più precisi, un architrave del modello di Stato considerato più efficiente e rispettoso dei diritti dell’individuo nell’area politica genericamente definita “di destra”. Perché le sfumature, com’è naturale, sono poi innumerevoli. Non a caso, intorno al concetto di “legge e ordine” si aprono da sempre vere e proprie corse concorrenti fra i partiti che occupano quell’area politica. Insomma, Lega e Fratelli d’Italia non hanno inventato nulla. Fenomeno uguale e contrario a quello che si osserva nello schieramento concorrente e avversario dei “progressisti”. Anche lì si aprono spesso corse, soltanto che sono “a sinistra”. Curioso, infine, che il più delle volte le elezioni si vincano “al centro” ma questo è un altro discorso.
Tornando a “legge e ordine”, il governo Meloni lo ha nel Dna: è una sorta di ancoraggio istintivo. Bisogna intendersi, però, su come applicare la legge e ottenere l’ordine. Nel capolavoro di Umberto Eco “Il nome della rosa“, uno dei personaggi passava il suo tempo a invocare il pentimento («Penitenziàgite!») per sfuggire a pene indicibili. Nel libro sul rogo ci finisce lui, ma lasciamo perdere. Dai tempi delle normative sui rave party – appena all’inizio dell’esperienza di governo – e passando per il ben più drammatico e lacerante caso di Cutro, abbiamo assistito a un progressivo inasprirsi della legislazione d’urgenza attraverso i relativi decreti. Pene sempre più severe, fino ad approdare alla formulazione teorica di «andare a cercare gli scafisti lungo tutto il globo terracqueo». Per punirli, s’intende.
Il traffico di uomini è un reato odioso come pochi – per sostenerlo è del tutto irrilevante essere di destra o di sinistra – e il governo ha varato pene mai viste (o quasi) che al momento non riescono a incidere minimamente sul fenomeno. Perché puoi prevedere decenni di carcere ma se non riesci a stroncare il fenomeno quelle stesse leggi e pene finiscono per ritorcersi contro la tua azione di governo. Intrapresa questa strada, l’esecutivo dalla faccia dura non può infatti che proporre ulteriori leggi ancora più severe, avvitandosi su sé stesso. In questo modo “legge e ordine” si fa mitologia. Il contrasto all’immigrazione clandestina è in tal senso emblematico: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, pur dovendo assecondare – almeno in parte – il proprio elettorato e alcuni degli alleati e ricordandosi di concedere qualcosa in termini dialettici, ha fatto chiaramente intendere di voler cercare una soluzione attraverso un approccio nell’ambito dell’Unione europea. Operazione politicamente molto difficile, ancor più in un anno elettorale, ma comunque la si pensi strategica. Persino coraggiosa, se ricordiamo le ormai antiche posizioni della leader di Fratelli d’Italia in materia di Europa e immigrazione.
A oggi la scelta è questa: anche aver portato a 18 mesi il limite entro cui trattenere gli immigrati nei centri di identificazione sembra servire a prendere tempo e a consentire alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di ottenere i risultati sperati. Ulteriori leggi e pene contro un fenomeno nato e gestito in larghissima parte fuori dei nostri confini finirebbero nel nulla. Anche la recentissima stretta al Codice della strada è istruttiva: nessuno sano di mente può dirsi contrario alla fermezza contro il dilagare di un uso sconsiderato dello smartphone al volante, per tacere della guida sotto effetto di alcol o stupefacenti. Comprensibile anche l’inasprimento delle pene, ma sarà decisivo avvertire la presenza dello Stato sulle strade e il peso delle conseguenze delle nostre eventuali infrazioni. Piccole o grandi che siano.
Considerato che oggi in Italia la metà delle multe comminate non viene riscossa, qualcosa dovrà cambiare innanzitutto in questo. Altrimenti pagheranno sempre e sempre di più soltanto i cittadini onesti.
Di Fulvio Giuliani
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