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L’Europee e la scampagnata elettorale

Un ultimo sforzo: fra circa 72 ore spirerà una delle campagne elettorali più brutte e inconcludenti, non solo per l’Europee

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L’Europee e la scampagnata elettorale

Un ultimo sforzo: fra circa 72 ore spirerà una delle campagne elettorali più brutte e inconcludenti, non solo per l’Europee

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L’Europee e la scampagnata elettorale

Un ultimo sforzo: fra circa 72 ore spirerà una delle campagne elettorali più brutte e inconcludenti, non solo per l’Europee

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Un ultimo sforzo: fra circa 72 ore spirerà una delle campagne elettorali più brutte e inconcludenti, non solo per l’Europee

Un ultimo sforzo: fra circa 72 ore spirerà (verbo non scelto a caso) una delle campagne elettorali più brutte e inconcludenti. La povertà degli argomenti ha fatto il paio con il linguaggio volgare, le sparate verso obiettivi istituzionali, il ping pong polemico costruito per colpire l’avversario sotto la cintola, possibilmente in diretta tv o dal palco dei comizi. Si vota per l’Europa ma pochi l’hanno capito e candidati e capipartito hanno fatto a gara per confondere le acque.

Termina il wrestling preelettorale ma non scompaiono i problemi, anzi. Il primo e più importante è proprio il destino prossimo dell’Unione, chiamata a confrontarsi con i venti di guerra che soffiano a distanza ravvicinata dalle più importanti Capitali del Vecchio Continente e che minacciano di trasformarsi in un uragano: «La Nato ha due o tre anni per prepararsi a un attacco russo» avverte non il bombarolo millenarista Dmitrij Medvedev bensì il capo della difesa norvegese Eirik Kristoffersen. Ma non sembra scuotere le coscienze addormentate delle pubbliche opinioni europee. Forse allora vale la pena di una qualche sottolineatura, almeno per evitare risvegli tanto bruschi quanto ipocriti.

Nelle prossime settimane e mesi nel Parlamento europeo, nella Commissione e nel Consiglio si giocherà una partita drammatica che vede come obiettivo se considerare l’Europa una aggregazione di singoli Stati – ciascuno con una propria politica estera ma accomunati dalla non ostilità verso Mosca – oppure se la Ue, rinsaldandosi e dotandosi di una forza anche militare coordinata, si porrà come bastione contro le mire espansionistiche di Putin e l’occhiuta pseudo neutralità della Cina, che non vede l’ora che gli altri due player si annichiliscano a vicenda per allargare il predominio a Ovest e porsi come unico interlocutore verso gli Usa, di cui peraltro detengono quote non irrilevanti di debito.

È una partita che non consiglia né tantomeno consente furbizie, ammiccamenti, terzismi obliqui e interessati. Nel resto d’Europa, almeno nelle due Capitali più importanti – Parigi e Berlino – la posta in palio è chiara. Addirittura lancinante lo è nei Paesi che sono di frontiera con la Russia, tipo la Polonia. Da noi non si può dire che si faccia finta di nulla perché sarebbe tragica irresponsabilità ma comunque si punta a depotenziare l’allarme, assumendo atteggiamenti (o posture, come si dice adesso) improntati a ingannevoli cerchiobottismi. Non può essere così. Su temi talmente decisivi non ci si può barcamenare. È giusto, anzi essenziale, far valere la diplomazia ed esercitare cautela: ma non barattandola per cedevolezza o incapacità di decidere. Una volta chiusesi le urne, Giorgia Meloni si ritroverà a presiedere il G7 dove simili questioni saranno, e pour cause, prioritarie. E allora mantenere il piede in due scarpe, avere in maggioranza chi come Salvini non perde occasione per ammiccare a Mosca e chi come Tajani ribadisce fedeltà alla Nato e all’Occidente, diventerà esercizio acrobatico.

Ormai purtroppo da decenni l’Italia manca di un piano, coerente e condiviso nelle linee essenziali, di crescita economica e sociale e di posizionamento in ambito europeo. L’incertezza e il day by day politico la fanno da padrone. Sono un macigno che affossa credibilità e autorevolezza. Non a caso siamo la seconda (o terza?) economia manifatturiera dell’Europa ma nelle sedi politiche Ue galleggiamo intorno al venticinquesimo posto su ventisette Stati quanto a capacità di influenza. Una forbice che taglia ambizioni e ci immerge in un pantano di semi irrilevanza. Anche perché se da un lato, quello del centrodestra, le divaricazioni crescono, sul fronte opposto si determinano inverosimili sintonie fra sovranisti alla Salvini e pacifisti alla Tarquinio, entrambi mettendo nel mirino la Nato. Bisognerebbe fare opera di chiarezza verso gli elettori invece di inventarsi scontri farlocchi all’ombra del Quirinale.

di Carlo Fusi

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