Liberarsi
Il vizio di seppellire la Storia senza averci fatto i conti è un vizio nazionale e ricorrente. La Costituzione italiana non è soltanto antifascista: è antitotalitaria
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Il vizio di seppellire la Storia senza averci fatto i conti è un vizio nazionale e ricorrente. La Costituzione italiana non è soltanto antifascista: è antitotalitaria
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Il vizio di seppellire la Storia senza averci fatto i conti è un vizio nazionale e ricorrente. La Costituzione italiana non è soltanto antifascista: è antitotalitaria
Il vizio di seppellire la Storia senza averci fatto i conti è un vizio nazionale e ricorrente. La Costituzione italiana non è soltanto antifascista: è antitotalitaria
Il problema non è il passato, ma il presente. Quel che torna a gola, che non riesce a essere digerito, non è tanto quel che fu ma quel che è nelle biografie di coloro che sono. Il fascismo non è solo consegnato all’infamia della Storia, senza alcuna possibilità di uscire dalla sua tomba infetta, ma è già stato ripudiato dalla destra italiana. Ciò è avvenuto – ha fatto bene Pier Ferdinando Casini a ricordarlo – durante i governi Berlusconi, in cui sedevano governanti e vertici istituzionali di oggi. Perché, allora, non si riesce a cancellare questo tema dalla lavagna della politica presente? Perché il vizio di seppellire la Storia senza averci fatto i conti è un vizio nazionale e ricorrente. E perché troppi fra i protagonisti del presente dovrebbero riconoscere non un’infamia degli antenati, ma una viltà loro. La Costituzione italiana non è soltanto antifascista: è antitotalitaria. I comunisti la votarono perché c’era già stata la “Svolta di Salerno” (aprile 1944) – sicché la loro collaborazione con gli altri antifascisti e con Badoglio e la monarchia – e la Conferenza di Yalta (febbraio 1945), che stabilendo la divisione europea collocava l’Italia fra i Paesi in cui non ci sarebbe stato il comunismo. Il 25 aprile 1945, che oggi si festeggia, arriva all’indomani.
L’Assemblea Costituente viene eletta nel 1946, assieme alla scelta di dare vita alla Repubblica. La Costituzione entra in vigore il primo gennaio del 1948. Quel giorno vinsero la libertà, l’antitotalitarismo, la democrazia. I nostalgici del fascismo erano reietti, gli aspiranti al comunismo esclusi dalla possibilità di governare.
Da lì prende l’avvio, per l’Italia, la più straordinaria crescita della ricchezza e della libertà. Da lì prendono l’avvio anche le famiglie degli sconfitti, che a lungo credettero si potesse fare la rivoluzione comunista o che dalla tomba di Mussolini potesse uscire una fiamma che non fosse quella dell’inferno che merita. Ma questa roba è passata da tempo. Gli uni e gli altri vivono in democrazia (e benessere) da decenni. Possibile che non abbiano capito la nefandezza del loro credo? Lo hanno capito benissimo, ma faticano non a condannare il passato, ma a condannare sé stessi che ne furono pecorelle in gregge. La loro non è coerenza, ma viltà. Ecco perché esistono esponenti del Partito comunista italiano che affermano di non essere mai stati comunisti ed esponenti del Movimento sociale italiano che sostengono il fascismo non faccia parte della loro storia. Per viltà. Sperano che la cosa si possa superarla senza discuterla, salvo sollevarla nei confronti dell’altra famiglia perdente.
Sia chiaro: fascismo e comunismo non sono sullo stesso piano nella mia storia di italiano, perché in Italia c’è stato il primo e non il secondo; ma nella mia storia di europeo sì, ci sono stati entrambi e sono sullo stesso piano. Per la precisione, figli degli stessi degenerati genitori e dell’idea che la libertà individuale vada subordinata alla missione statalizzata. La cosa patetica è che tanta viltà è dedicata a non scontentare un’estrema minoranza dei voti che prendono, perché la stragrande maggioranza degli italiani queste faccende le ha archiviate da tempo. La cosa preoccupante è invece che taluno possa supporre di andare avanti assumendo identità per negazione: «Sono di destra contro il dominio della sinistra» o «Sono di sinistra contro il potere in mano alla destra». Poi vanno al Parlamento europeo e si astengono assieme sul Patto di stabilità, in un trionfo di convergente viltà. Aggiungo solo che se oggi mi si presentasse innanzi un’indignata brigata di anime superficiali e m’intimasse di dire che sono antifascista, con ogni probabilità li manderei dove potrebbero meglio mettere a profitto il loro tempo. Ma me lo posso permettere, perché non sono mai stato fascista. Sebbene non pochi compagnucci ringhianti così m’apostrofavano quando annunciavo, felice, d’essere anticomunista.
W il 25 aprile, sperando che trovino in fretta il modo di liberarsi da quel che sono stati.
Di Davide Giacalone
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